Virtù esteriore e vizio nascosto

Ritratto di Angelo Sciortino

4 Marzo 2015, 16:11 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Notate il vizio che chiede il silenzio alla virtù!

E la virtù, che dalla politica
aveva appreso mille astuzie,
per questa felice influenza
era diventata amica del vizio.

Bernard Mandeville

 

Questi versi, tratti dalla Favola delle api di Mandeville, mi sono tornati in mente, quando volevo commentare su facebook un post di una mia amica, che chiedeva maggiore onestà, per liberarsi del lezzo dei vizi dell'attuale società.

Essi sono, a mio parere, già eloquenti senza alcun commento, ma qualcuno voglio aggiungervelo, per una migliore comprensione da parte di coloro che adoperano la virtù per coprire i loro vizi.

I commenti, che seguono, proprio oggi sono più che doverosi, nella speranza che essi possano servire a purificare la virtù di tanti. Soprattutto di coloro che si ammantano della virtù, ma non si preoccupano che proprio la loro coscienza sporca dall'interno il candido abito della virtù, che indossano nelle sfilate pro o contro qualcuno o qualcosa. Per lungo tempo non si vedono all'esterno le macchie, ma accade talvolta, come nel caso di Helg, che la luce della Giustizia le renda visibili.

Il mio commento vuol sottolineare quanto sia importante l'uso di mille astuzie, apprese dalla politica. Perché è proprio questo il punto: si fa troppo uso dell'astuzia per raggiungere i propri scopi, anche quand'essi sono immorali o quando il loro raggiungimento comporta che vengano calpestati altri diritti e meriti superiori ai nostri. Ed è facile, in questa terra infelice, servirsi dell'astuzia, per nascondere mire recondite. Mire, che sono ambizioni non già al servizio di ideali, perché sono gli ideali posti al servizio delle ambizioni.

Il risultato di queste disoneste astuzie è sotto gli occhi di tutti: politici inquisiti o condannati, ma con ben stretto il loro corposo vitalizio; amministratori comunali esperti nell'arte della mistificazione e dell'inganno, per coprire le loro incompetenze, che li rendono immeritevoli del posto occupato; la gestione di un'attività come la sanità affidata a coloro, che hanno saputo conquistare non per meriti, ma con l'astuzia servile; i cittadini, almeno quelli che non sono astuti, disorientati e preoccupati, ogni giorno di più desiderosi di rivoluzione. Insomma, come non concludere che la nostra società è in pericolo?

C'è di più, però. Accade sempre più spesso che i cittadini si sentano come impotenti di fronte al potere, che con la forza calpesta ogni sacrosanto diritto, ogni principio di giustizia, giungendo a dire che il parere di un suo burocrate è fonte giurisprudenziale! Se si fa così, come non temere per le sorti della democrazia?

E quando essa morirà, spegneremo le luci? Le spegneremo ogni volta che il potere astuto della politica ci toglierà dignità? La ragione mi dice di essere pessimista sul nostro futuro, ma la volontà mi dà ancora ottimismo, per spingermi alla lotta.