Come far tornare il centro nascite a Cefalù

Ritratto di Totò Testa

27 Febbraio 2015, 21:29 - Totò Testa   [suoi interventi e commenti]

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Come far tornare il centro nascite a Cefalù

Scusate se comincio questo breve intervento con due piccole e banali considerazioni personali.

La prima: il mio ruolo di Dirigente (a tutt’oggi) dell’Assessorato Regionale alla Salute mi vincola ad alcuni obblighi deontologici che mi comportano una certa compressione della capacità espressiva che, nella fattispecie, mi fa soffrire non poco.

La seconda: non intendo unirmi alle lamentazioni, perché non rientra nelle mie corde e, anche, perché  non “mi piace vincere facile”.

Eh, sì, perché sembrerebbe che l’esercizio della lamentela (specie se  “condita” con alti lai di costernazione, indignazione, ed anatemi contro il destino cinico e baro) oltre che essere molto, ma molto, più semplice rispetto al ragionamento e alla capacità di proposta, sia anche una pratica molto “vincente” in termini di riscossione del consenso.

Fateci caso: Tutto sommato l’antico mestiere della prefica è tra i più facili e redditizi che mai si siano visti.

Oppure mettiamola così: piangere il morto è più facile che farlo resuscitare.

Ma andiamo al problema, anzi, alle sue possibili e, ovviamente, non facili soluzioni.

La distribuzione dei cosiddetti “punti – nascita sul territorio” è regolamentata da standards che discendono dalla programmazione sanitaria impartita a livello nazionale e, sostanzialmente, obbligatori per le Regioni, se non altro per i vincoli di carattere economico/finanziario condivisi con lo Stato coniugati all’esigenza di porre dei tetti di spesa ad ogni articolazione dei servizi sanitari pubblici per assicurare la maggiore efficienza del sistema.

Per i cosidedetti punti nascita di primo livello, affinché possano assicurare la massima efficienza assistenziale nel rispetto dei parametri economici pre-fissati, si richiede lo sviluppo di almeno 500 parti all’anno, fino a mille.

Questo è un dato di programmazione che, però dato in mano a chi non è molto ferrato in programmazione, diventa fotografia, dato storico tanto ineffabile quanto incontestabile.

Tu non fare 500 parti l’anno? Tu chiudere.

Il dato però può essere letto in un altro modo (che sia per caso quello giusto?) che è il seguente.

Un punto nascita deve avere la capacità di sviluppare “a regime” costante, almeno cinquecento parti all’anno, altrimenti diventa inefficiente, eccessivamente costoso e, quindi insostenibile.

Quindi, una buona programmazione a  livello regionale, deve pensare ad una distribuzione ed articolazione funzionale dei punti nascita sul territorio in relazione a bacini d’utenza ottimali che assicurino a tutti i cittadini “nascenti” e alle cittadine puerpere le medesime opportunità e probabilità di superare quel critico momento che sempre, comunque, e dovunque, dobbiamo fare in modo si traduca in “lieto evento”.

Ma proviamo, anche, a fare un ragionamento in senso inverso.

Il nostro tasso di natalità (uno dei più bassi che si siano mai visti nella storia umana a qualsiasi latitudine) è meno dell’1%, cioè, ogni anno nasce un bambino ogni 110/115 abitanti.

A Cefalù, quindi, che ha circa 15.000 abitanti, nascono circa 120 - 130 bambini ogni anno (qualcuno mi dia conferma, anche perché il sito istituzionale del Comune non mi soccorre in tal senso).

Se si vuole, quindi, assicurare ad un centro nascita un corretto equilibrio funzionale rispetto al territorio, si deve, però, “pensare” (e non “fotografare”) ad un bacino di almeno sessantamila abitanti (meglio se centomila, nel rispetto della proiezione fino a mille parti l’anno), all’interno della cui individuazione geografica, sia sempre calcolabile un tragitto tra residenza della puerpera e punto – nascita contenuto all’interno dei 30-45 minuti in auto o ambulanza.

A questo punto la domanda è:  è possibile pensare ad un bacino di tale dimensione ed articolazione intorno a Cefalù che possa effettivamente “giustificare”, anzi, imporre, l’insediamento di un punto nascita che, in ogni caso, a regime, sia in grado di assistere almeno 500 nascite ogni anno?

Teoricamente sì, in pratica …. no, perché nessuno sta lavorando in questa direzione.

Né la programmazione “fotografica” regionale, né la politica locale. 

Se, infatti, si parla già di Cefalù come margine (interno) dell’area metropolitana di Palermo, la programmazione sanitaria, secondo logica si dovrebbe pensare ad un’articolazione e distribuzione dei centri nascita (come degli altri servizi sanitari) equilibrata e potenziata soprattutto verso quelle aree di “cerniera” interne all’area metropolitana, ma anche più vicine alla periferia.

Ma, se la programmazione regionale ha delle carenze, continuando a ragionare in funzione della “fotografia” che vede la massima concentrazione di punti nascita sull’area urbana di Palermo, anzi, all’interno della cintura della circonvallazione, quale disegno  alternativo si prospetta per dimostrare che, invece, è meglio distribuire?

Quale programmazione “dal basso”, di partecipazione tra i cittadini e le comunità si sta approntando per poterla imporre, oggi, come più qualificata ed appropriata rispetto a quella che ci vede … cedenti?

In ogni caso, il metro non può essere quello di Termini che vince e di Cefalù e Petralia che oggi perdono e, magari, domani ri-vincono, perché avranno sindaci e politici di riferimento locale più potenti.

Il metro deve essere quello che IO, cittadino (nella fattispecie “nascente”), non solo di Cefalù, quanto di Castelbuono, di Gangi, di Pollina, di San Mauro Castelverde, DEVO avere assicurato lo stesso livello di assistenza e la stessa capacità di recapito delle cure che mi sono dovute, al pari di chi nasce al centro di Palermo, di Barcellona o di Rotterdam, visto che siamo tutti Cittadini Europei.

Anche qui ci sarebbe, ovviamente, da ragionare, perché il caso della povera piccola Nicole è avvenuto, secondo me non per caso, all’interno di uno dei massimi poli di concentrazione di servizi sanitari, …. Il che, con un po’ di semplificazione, porta a ritenere che il modello dell’accentramento non risolve i problemi ne’ della periferia, ne’ quelli del suo stesso baricentro, se non viene assistito da una costante ricerca della qualità strutturale, tecnologica e organizzativa conformata a requisiti di eccellenza, così come le norme impongono.

Quindi, nell’intento di volere, almeno, aggiustare il tiro rispetto al problema, vogliamo fare una verifica se, quantomeno, esistono le condizioni per potere ragionare sulla base della programmazione del territorio che è l’unica strada che può portare ad una condizione futura che non può essere quella precostituita del “voglio nascere a Cefalù”, ma quella del “voglio nascere sano e sicuro”?

Se si, continuiamo a discutere e, soprattutto, a lavorare su un’ipotesi di riqualificazione della rete dei punti nascita (soccorrendo, anche, la Regione incapace di farlo da sola) come di tutti i servizi sanitari del territorio Madonita, altrimenti lasciamo perdere, perché, tanto, a piangere il morto … sono lacrime perse.

In ogni caso, si sappia e si consideri, che ci sarà da seguire una strada dura, lunga, accidentata e senza scorciatoie.

Commenti

Una riflessione doverosa, quella che suggerisci: "Anche qui ci sarebbe, ovviamente, da ragionare, perché il caso della povera piccola Nicole è avvenuto, secondo me non per caso, all’interno di uno dei massimi poli di concentrazione di servizi sanitari, …. Il che, con un po’ di semplificazione, porta a ritenere che il modello dell’accentramento non risolve i problemi ne’ della periferia, ne’ quelli del suo stesso baricentro, se non viene assistita da una costante ricerca della qualità strutturale, tecnologica e organizzativa conformata a requisiti di eccellenza, così come le norme impongono."

Una riflessione che la nostra politica non sa fare, per cui non le rimane che agitarsi inutilmente, se la sua insensata agitazione non causasse vittime fra i neonati.

Caro Totò,
"Voglio nascere sano e sicuro": non sei "riuscito nell'intento di aggiustare il tiro rispetto al problema", lo hai centrato!

Finalmente qualcuno che dice cose sensate e dà suggerimenti ed indicazioni valide per cercare di risolvere il problema... dopo tutte le "minchiate" che si sono sentite.... (la colpa è del sindaco... la colpa è dell'amministrazione comunale... blocchiamo strade, autostrade e ferrovie... strappiamo le tessere elettorali... facciamo intervenire "Striscia la Notizia" e "Le Iene"... facciamo una marcia su Roma (un'altra...) e vince la gara chi più ne spara.... etc... etc...

Condivido quanto espresso dall'amico Totò Testa però mi permetto di aggiungere che quanti hanno sostenuto opinioni diverse non sono da criminalizzare, ritengo invece che solo da discorsi a briglia sciolta possono sortire "buone proposte". L'importante è che ciascuno di noi non si innamori della propria idea, sposando invece quella più sensata !!

Beh ... solitamente il "brain-storming" produce dei risultati, ma qui stiamo parlando della salute delle donne e dei nostri figli e nipoti.

E', quindi, auspicabile che chi è in grado di intervenire in con scienza e coscienza lo faccia, chi non lo è, taccia e, soprattutto, ascolti.

Perchè con la salute dei nostri cari, caro Salvatore (penso sarai daccordo), non si cugghiunia.

Quanto alle criminalizzazioni ... parli di corda a casa dell'impiccato!