19 Dicembre 2014, 09:03 - Salvatore Culotta [suoi interventi e commenti] |
Lontano da esibizionismi e concorsi il cui unico risultato, a mio vedere, è quello di svuotare dell’autentico significato la ricorrenza del Natale la Parrocchia dell’Itria mette in campo il dramma dell’emigrazione e lo fa con interventi di spessore quali le ultime opere di Giuseppe Forte ed un meditato scritto che qui si ripropone:
Accogliamo l’emigrante Gesù
“Gesù nasce povero a Betlem e ben presto, insieme con la sua famiglia, deve emigrare in Egitto per sfuggire alla violenza persecutrice di Erode. A distanza di duemila anni l'emigrante Gesù si presenta a noi sotto il volto di tanti uomini, donne e bambini che giungono nella nostra Europa incalzati da guerre, immani crisi economiche e umanitarie. Il pennello e i colori dell'artista cefaludese Giuseppe Forte ci ripropongono con forza tali volti, impauriti, segnati da rimpianti e nuove attese. Valige di ricordi si aprono e altre se ne chiudono per affrontare incerti e pericolosi viaggi. E noi, oscillanti tra aperture e paure, scegliamo di non vedere e di non sapere, immersi nei nostri gravi problemi, incapaci di percepire il vero senso della parola 'fraternità' che rimane un suono vagante e privo di approdo.
Chiusi in un pervadente egoismo, non riusciamo a spalancare la mente, il cuore e la coscienza a quello che è il fulcro dell'essere cristiani. Fratelli, amici, compagni lo si diventa giorno per giorno condividendo il poco che si ha: cibo, lavoro, vestiti, riparo.
Non esistono i nostri figli ai quali pensare e i loro figli lontani dei quali non ci sentiamo responsabili perché vivono al di là di confini territoriali che il vero cristiano non può assolutamente considerare come acque che delimitano e respingono colori e linguaggi diversi dai 'nostri'.
I grandi occhi pieni di lacrime di bambini in braccio a madri ormai troppo stanche, private di tutto, che ci guardano con il loro dolore, non possono lasciarci tranquilli.
Non sono loro ad avere perduto la dignità nel venire a chiedere aiuto a noi che pure siamo in difficoltà e talora stentiamo ad andare avanti. La dura contrapposizione del povero che tende la mano a chiedere e il povero che chiude gli occhi per 'difendere' il poco che ha è la sconfitta dell'uomo: non si tratta di crisi economica, di aziende che chiudono, di persone che non hanno più il lavoro. Stiamo perdendo tutti la dignità di esseri umani. Gesù ci incalza: "Chi accoglie voi accoglie me", "ero perseguitato e senza casa e non mi avete accolto"... Parole che devono mettere in crisi il nostro modo di essere cristiani, così pronto a consolarsi e rassicurarsi con pratiche di devozionismo tradizionale, ma completamente sordo a tradurre la fede in testimonianza concreta di amore e solidarietà verso il prossimo."
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Commenti
Saro Di Paola -
Il "devozionismo tradizionale" del Natale ed il Natale
"La dura contrapposizione del povero che tende la mano a chiedere e il povero che chiude gli occhi per 'difendere' il poco che ha è la sconfitta dell'uomo"
Riuscire a superare "la dura contrapposizione" sarebbe mutare "la sconfitta dell'uomo" in vittoria dell'Uomo.
Sarebbe mutare "il devozionismo tradizionale" del Natale in NATALE.
Sarebbe mutare il presepe da rappresentazione della nascita di Gesù in Nascita di Gesù.
Quella vera.
Quella nel cuore dell'Uomo.