Un Sindaco finto giacobino

Ritratto di Angelo Sciortino

14 Novembre 2014, 11:23 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Il sindaco Lapunzina ha abbondatemente confermato che un giacobino ministro non è mai un ministro giacobino. Una frase profondamente vera, perché al tempo dei giacobini costoro non conoscevano quel che avrebbero trovato nelle stanze del potere, quando se ne sarebbero impossesati. In quel momento sarebbe stato giocoforza confrontarsi con la realtà e ciò li avrebbe costretti a rivedere i loro piani e a limitare le proprie pretese rivoluzionarie.

Nel caso del sindaco Lapunzina c'è, però, una differenza: egli non era un giacobino all'oscuro della situazione, che avrebbe trovato nella famosa stanza dei bottoni, perché il sistema democratico gli aveva permesso, come consigliere d'opposizione, di prenderne atto. Questa differenza egli non può negarla, visto che già in campagna elettorale aveva garantito discontinuità rispetto alle precedenti Amministrazioni.

Che questa discontinuità non ci sia stata è ampiamente dimostrato dagli atti della sua Amministrazione. È stato incapace di difendere l'ambiente e il paesaggio; di liberare dalle pastoie burocratiche le attività di ogni genere; di rimediare al marasma contabile del Comune; di creare presupposti per una partecipazione degli imprenditori turistici a un piano di rilancio della Perla del Tirreno, perché non aveva un piano né idee, che non fossero quelle improvvisate sulla spinta del contingente. Insomma, non una delle sue dichiarazioni elettorali, nei più dei due anni trascorsi, è diventata realtà o si è avviata a diventare tale.

E quando si è accorto che egli, specie nel caso delle finanze comunali, aveva fallito, si è appellato a normative confuse e farraginose, che hanno esposto il Comune a ricorsi giudiziari, che di sicuro hanno avuto soltanto i risultati di ritardare la dichiarazione di dissesto e di costare troppo in spese giudiziarie. E non soltanto in spese giudiziarie, ma anche in una zoppicante e pericolosa azione amministrativa, che inutilmente ha cercato di coprire con reboanti proclami o, quando questi erano troppo incredibili, con il nasconderla ai cittadini o con i tentativi di sminuire i critici di questa situazione. Quante volte egli ha detto che essi farneticavano!

Bisogna riconoscere che in tutto ciò una mano gliel'ha data la burocrazia comunale, specie quella che si è inventata il non conforme, ma compatibile o il facile silenzio, che diventava assenso. Quella burocrazia, che è riuscita a frenare ogni sano spirito d'iniziativa. Quella burocrazia, della quale qualsiasi imprenditore si sarebbe liberato per non fallire.

Eppure egli, il sindaco Lapunzina, ne prende spesso le difese e non si accorge che per colpa sua i debiti, che lascerà in eredità dopo soli cinque anni, saranno pari o superiori a quelli che le precedenti Amministrazione hanno contratto in venticinque anni. Con una differenza: che quelli sono serviti anche per costruire case popolari o espropriare terreno per l'ospedale; i suoi, invece, sono serviti a balbettare proclami mistificatori.

Rimane, a questo povero Paese, una forte e costruttiva presa di posizione dei suoi cittadini, nella speranza di limitare i danni finanziari, dovuti a un eccesso di liti giudiziarie, e quelli culturali, dovuti a una continua mistificazione, volta a coprire il vuoto intellettuale.