17 Luglio 2014, 19:15 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
Nel 2014 Giuseppe Giusti decise di chiedere al Padreterno il permesso di tornare sulla terra, per visitare Cefalù, che ai suoi tempi non aveva potuto visitare, perdendo di conoscere direttamente quanto il suo amico Enrico gli raccontava ogni giorno e che Teodoro gli confermava.
Ottenuto il permesso, si ritrovò a Cefalù. Girò in lungo e largo e si chiedeva come mai il popolo era diverso da come glielo aveva descritto Enrico. Decise di fare qualcosa e così, nottetempo, affisse nel muro del Municipio questo suo scritto:
Non tanta grandezza,
O seme d’eroi
Tenuto a cavezza:
Ritorna, se puoi,
Padrone di te,
O Popolo-Re.
Quando si accorse che in tanti leggevano il suo scritto, si limitavano a sorridere e a chiedersi chi ne poteva essere l'autore, ma continuavano a comportarsi allo stesso modo, aggiunse questo secondo scritto:
Che i più tirano i meno è verità,
Posto che sia nei più senno e virtù;
Ma i meno, caro mio, tirano i più,
Se i più trattiene inerzia o asinità.
Quando un intero popolo ti dà
Sostegno di parole e nulla più,
Non impedisce che ti butti giù
Di pochi impronti la temerità.
Fingi che quattro mi bastonin qui,
E lì ci sien dugento a dire: ohibò!
Senza scrollarsi o muoversi di lì;
E poi sappimi dir come starò
Con quattro indiavolati a far di sì,
Con dugento citrulli a dir di no.
Anche questo secondo scritto lasciò tutto come prima. Sconsolato, se ne ritornò insieme a Enrico, alle cui domande, per non farlo soffrire, rispose soltanto: Avevi ragione, una gran città la tua Cefalù. È più bella del Paradiso e i suoi abitanti son più che santi e beati.
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