Commissariamento a Cefalù

Ritratto di Angelo Sciortino

12 Luglio 2014, 14:35 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Chiarisco subito che non si tratta del commissariamento voluto dalla Corte dei Conti in seguito al dissesto o al venir meno degli impegni previsti nel piano di rientro. Questo commissariamento sarebbe grave e costoso, ma accettabile, nella speranza che il ritorno dell'ordine contabile rimettesse Cefalù in condizione di tornare a essere ancora una città capace di attrarre turismo e quindi ricchezza e posti di lavoro.

Purtroppo, però, non si tratta di questo tipo di commissariamento, ma del commissariamento della speranza. Per tale tipo di commissariamento non occorrono decisioni della Corte dei Conti, perché è sufficiente lasciare che tutto proceda come se i problemi non esistessero o, se ci se ne rende conto, fingendo che il subirli impotenti e privi di strategia equivalga a risolverli. È sufficiente nascondere questa impotenza con l'agitazione continua, che purtroppo ha per la città lo stesso effetto che ha l'agitazione per l'uomo finito nelle sabbie mobili: lo fa affondare ancora di più, finché finirà con l'essere completamente inghiottito.

Se poi questa agitazione determina il fallimento amministrativo, è sufficiente cercare uno o più capri espiatori, da indicare all'opinione pubblica come i soli responsabili della sparizione di ogni futuro, e il gioco è fatto: si è commissariata la speranza.

Certo, in democrazia l'opinione pubblica non può essere ingannata all'infinito, perché essa, quando i cittadini rimangono come affamati, finisce con il ribellarsi alle mistificazioni e si convince che ogni scelta sarà inutile. Ecco allora l'astensione – avete visto quanti voti ha avuto a Cefalù il PD alle ultime elezioni europee? - oppure il voto di protesta, che immancabilmente andrà a un populista più mistificatore di colui del quale ci si vuol liberare.

Allora si proceda pure con manifestazioni estive prive di spessore; si finga di avere cultura, grazie alla presentazione di libri da parte degli autori; si piazzino gazebi a copertura di bancarelle da fiera strapaesana; si discuta con i commercianti d'improbabili e incompetenti soluzioni: ci si agiti, insomma.

Oppure, se questo non dovesse bastare, ci si tuffi nell'oceano delle promesse e dei proclami, come se si vivesse una campagna elettorale continua; ci si comporti come se si rappresentasse l'opposizione e non l'amministrazione attiva, che deve decidere; si considerino le critiche come sterili e contro di esse si usi o l'argumentum ad personam o il silenzio: ci si comporti come ci si comporta a Cefalù e il commissariamento della speranza è bell'e attuato.

In fondo, chi rimane a protestare? Chi ha ancora la forza di parlare ai sordi o di argomentare con chi non vuole capire, preso com'è dal delirio di onnipotenza, che alimenta i suoi pregiudizi? Eppure bisogna ancora e sempre parlare, perché “ce n'est rien de mourir. C'est affreux de ne pas vivre”. Tradotto per gli esperti del turismo che non conoscono il francese: “è nulla il morire, è spaventoso non vivere!”.