2 Luglio 2014, 17:53 - Quale Cefalù [suoi interventi e commenti] |
Riceviamo un intervento del Prof. M. Alfredo La Grua che con piacere ospitiamo su queste pagine ringraziandolo per l'attenzione.
M. Alfredo La Grua e Giuseppe Forte
Una geniale ambientazione
La mostra della cinquantennale, poderosa creatività del pittore cefaludese Giuseppe Forte, inaugurata il 18 giugno nel monasteriale centralissimo “Ottagono Santa Caterina” di piazza Duomo si è chiusa, per la cronaca, il 30 dello stesso mese con il prevedibile, scontato successo di pubblico e di critica; successo prevedibile e scontato dal momento che sull’attività artistica di Giuseppe Forte esiste già una vasta , esaltante letteratura alimentata dalle autorevoli firme di esponenti della cultura, del giornalismo specialistico, della critica d’arte di scrittori di varia levatura, di interpreti di artisti, di osservatori e cronisti, di visitatori occasionali, di turisti di transito e di redattori di quotidiani e periodici che hanno recensito in questo arco di tempo l’attività creativa di Giuseppe Forte, a Cefalù, nel comprensorio delle Madonie.
La poderosa e significativa produzione di Forte è compendiata in un volume – catalogo ; per la cerimonia inaugurale, in questo pregevole volume, gli interventi rituali dei rappresentanti delle istituzioni, a testimonianza di apprezzamento; sulla copertina la figura emblematica del “condannato a morte” a cui fa riferimento la bella poesia dell’autore collesanese Antonino Cicero, “preghiera ” per il “secondino delle meraviglie”.
Mentre già con rammarico si procede allo smontaggio mi preme esprimere non un giudizio estetico sul livello e sulla qualità della pittura di Forte, cosa che faranno altri con altra sensibilità e con altra mano, ma solo un giudizio sulla felice ambientazione di cui è stato regista l’architetto Salvatore Culotta, la cui naturale ritrosia stiamo qui forzando e profanando; un giudizio derivante dal fatto che banale, episodica, dispersiva sarebbe risultata una esposizione e collocazione dei quadri su un percorso longitudinale incompatibile con la funzione polarizzante dell’ Ottagono; la soluzione centralizzante adottata aiuta i visitatori ad impadronirsi dell’arte di Giuseppe Forte con un rapido colpo d’occhio panoramico lungo un perimetro quasi circolare del luogo geometrico, limitato e circoscritto, dell’ottagono.
Ciò detto vale la pena soffermarsi un poco sulla valenza d’arte della mostra : Forte non ama gli “ismi” accademici di scuola o di appartenenza ; è un pittore di profonda e avvertita umanità : mette al centro della sua arte una visione dolente e sofferente dell’uomo e della società.
Sul piano stilistico dell’ispirazione, il suo è un figurativo che privilegia nella grande maggioranza dei suoi dipinti la partecipazione interiore ad una drammatica rappresentazione della condizione di solitudine e di smarrimento dell’individuo di oggi.
Si guardi per esempio allo smagrimento e alla contrazione muscolare dei corpi logorati e martoriati da una sfibrante estenuazione e si dirà che è una proiezione esistenziale, di un nascosto strazio interiore.
Pietà
Solo nella pittura del Seicento trovi tale drammatizzazione che va al di là del Rinascimento.
Si rivedano opere come “ Deposizione” ( pag. 38 del catalogo), “Pietà” ( pag. 39) , “Crocifissione” ( pag. 53), “Umanità dolente”, “La ciotola vuota” col bimbo che dorme in grembo ad una madre pensosa, “Pietà” (pag.84) , “Riflessione” (pag. 85), “Donne” e “Figure” ( pagg. 40 e 41).
La sofferenza è la scelta ideologica di Giuseppe Forte. Va detto che, a visita ultimata, non esci dall’Ottagono avvilito e più pessimista ; esci pensieroso e più cosciente del dramma attuale dell’uomo che poi riporta al “condannato a morte” di Cicero, come lo ritroviamo nella figura di copertina con la sua impressionante fissità.
Attesa | Crocifissione |
Deposizione | Figure | La ciotola vuota |
Ora che la mostra, come importante momento di verifica a grande distanza di tempo si è chiusa ed il pregevole spazio ottagonale di Piazza del Duomo è tornato ad essere un luogo di convegni, di tavole rotonde e dibattiti, Giuseppe Forte può rientrare in umiltà e semplicità nel suo studio-laboratorio di via Mandralisca 42, “sua prigione e suo nido” come con suggestiva immagine la compianta amica Angela Di Francesca, di recente scomparsa, lo definirebbe ancora, da Giuseppe Forte possiamo accomiatarci con l’auspicio che quella bella strada non resti un percorso di nostalgica frequentazione studentesca sotto il vigile sguardo del Preside Pasquale Matassa, del quale dura un ormai pallido ricordo.
Lì sarà l’Artista a riceverci con un sorriso.
Mario Alfredo La Grua
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