25 Ottobre 2012, 15:54 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
Attaccato varie volte a causa di metafore mai volgari né cattive o per opinioni espresse, mi sono sempre chiesto perché questi attacchi provenivano quasi sempre da uomini, che per la loro cultura e per il ruolo pubblico esercitato avrebbero dovuto avere una reazione diversa. I lettori stenteranno a credermi, ma assicuro loro che questa domanda mi ha assillato così tanto, che non c'è stata sera che non mi sia tornata in mente prima di addormentarmi.
Finalmente mi è venuto in mente un saggio, che sono andato a rileggermi. Grazie a lui mi sono spiegato l'arcano e ora riesco a dormire con la necessaria tranquillità. La tranquillità di chi non ha rimorsi. Riporto il brano consolatore.
<< Noi domandiamo volentieri: “Sa di Greco o di latino? Scrive in versi o in prosa?”. Ma la cosa principale era chiedere se è diventato migliore o più saggio, ed è quello che resta in secondo piano. Bisognerebbe interessarsi di chiedere chi sappia meglio, non chi sappia di più.
Noi lavoriamo solo a riempire la memoria. E lasciamo vuoti l’intelletto e la coscienza. Proprio come gli uccelli vanno talvolta in cerca di grano e lo portano nel becco senza assaggiarlo per imbeccare i loro piccoli, così i nostri pedagoghi vanno spigolando la scienza nei libri e la trattengono appena a fior di labbra, tanto per ributtarla fuori e gettarla al vento.
È straordinario come questa stoltezza si convenga esattamente al caso mio. Non è far la stessa cosa quel che io faccio nella maggior parte di questa composizione? Me ne vado piluccando qua e là nei libri le sentenze che mi piacciono, non per tenerle in serbo, perché non ho serbatoio, ma per trasferirle in questo libro dove, a dire il vero, non sono più mie che nel loro posto primitivo. Noi siamo sapienti, io credo, solo della scienza presente, non della passata, e altrettanto poco della futura.
Ma, quel che è peggio, neppure i loro scolari e i loro ragazzi se ne nutrono, se ne alimentano; anzi, essa passa di mano, al solo fine di farne mostra, di conversarne con altri e di farne dei racconti, come una moneta senza valore, inutile ad ogni altro uso e impiego che a contare e a servir da gettone.[…]
Noi ci abituiamo ad appoggiarci sulle braccia altrui al punto da annullare le nostre forze. Voglio armarmi contro il timore della morte? Lo faccio a spese di Seneca. Voglio trovar consolazione per me o per un altro? Lo prendo a prestito da Cicerone. Avrei potuto trovarla in me stesso, se mi ci avessero abituato. Non mi piace affatto questa scienza relativa e mendicata.
Quand’anche potessimo esser sapienti del sapere altrui, saggi, almeno, non possiamo esserlo che della nostra propria saggezza.>>
Ecco un saggio vero, ecco un vero educatore! Non sarà un maestro dei maestri, ma un maestro di saggezza lo è di certo. E non è poco, visto quel che ci offre il panorama odierno.
Nonostante questa sua saggezza, accettò per due volte di essere sindaco di Bordeaux, ma non si “montò” la testa e con gioia ritornò ai suoi scritti, che da quasi cinque secoli nutrono gli spiriti dei tolleranti.
Se qualcuno resterà irritato dalla lettura e avrà voglia di dar calci a una prostata, colpisca la sua e non la mia, perché io sono soltanto un ambasciatore che non porta pena.
Della lettura mi è rimasto soltanto questo: Μισῶ σοφιστὴν, ὅτις οὐχ αὑτῷ σοφός
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