19 maggio - "Donne sotto il segno del Vulcano", la Fidapa ricorda Pepita Misuraca al Mandralisca

ritratto di Pino Lo Presti

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La Presidente della Fidapa, Cettina Valenziano, ha presentato una Rassegna di 6 incontri di cui i primi tre dedicati a donne protagoniste, con una carattere “vulcanico” così come il titolo della Rassegna.

Introducendo la figura di Pepita Barbarossa Misuraca, ha detto:

Una donna di cui ho sempre sentito parlare con grande ammirazione, una donna di raffinata cultura, una non-cefaludese che ha amato tanto Cefalù vivendo in simbiosi con questo paese.
Ha fatto a Cefalù tante iniziative culturali che tutti ricordano.
Mi è sembrato giusto, oggi, come donna, ricordarla.
Molto spesso, nella storia, le donne vengono dimenticate, o ricordate in modo del tutto marginale e noi, in quanto associazione femminile, vogliamo colmare, per quanto c’è possibile, questa lacuna.
E quindi vogliamo fare memoria storica, ricordando delle donne.
Sono convinta che le donne, come Pepita Misuraca, o altre donne che emergono, sono delle donne che devono essere premiate dalla memoria due volte: una perché dobbiamo riconoscere le loro capacità oggettive, secondo proprio perché, come donne, fanno sicuramente uno sforzo ulteriore per emergere e dedicare il tempo alle loro grandi passioni
”.

Angela Di Francesca ha quindi preso la parola.

Tutti la conoscevano col nome da sposata: Pepita Misuraca, anche se Pepita di suo aveva un cognome importante:Barbarossa.
Tra le donne “sotto il segno del Vulcano”, a cui la FIDAPA dedica una serie di incontri, Pepita Misuraca occupa un posto particolare. E’ l’unica non siciliana-era nata a Varazze nel 1901-, ma da sempre affascinata dalla Sicilia, legata da un forte sentimento di amore e di “appartenenza” a Cefalù. Chi ha il fuoco dentro, non può tenerlo solo per sé, prova il desiderio di espanderlo al di fuori, di condividerlo con altri, per accendere tanti altri piccoli fuochi. Così Pepita Misuraca che amava la cultura e le cose belle, ha sempre cercato di dare a questi valori anche un senso sociale. Non intendeva la cultura come qualcosa di accademico, ma come qualcosa che poteva essere reinvestito anche nel territorio, nel sociale, per goderne insieme e in certi casi anche per ottenere dei risultati concreti.
L’importanza delle iniziative di Pepita Misuraca è data, oltre che dalla sua attenzione assidua e appassionata alle tematiche cittadine, dalla sua capacità di coinvolgere personalità sia locali che esterne all’ambiente cefaludese, svincolando Cefalù dall’ambito di un orizzonte limitato con l’obiettivo di proiettarne sempre più l’immagine a livello internazionale.
Io la conobbi da giovane, quando lei era già una donna matura, ne ricordo la vivacirà,il sorriso, il dinamismo,l’entusiasmo che metteva in ogni cosa e che coinvolgeva anche gli altri.
La sua vita,che Giuseppe Palmeri ha tratteggiato in una bella biografia, fu molto avventurosa e anche romantica. Era stata “madrina di guerra” nella prima guerra mondiale, per Salvatore Misuraca. Il compito della “madrina di guerra” era di incoraggiare il soldato con lettere e qualche piccolo dono. Ma alla fine della guerra Salvatore e Pepita si incontrarono, si innamorarono e si sposarono. Così all’inizio degli anni ‘20 Pepita da Genova venne a vivere a Cefalù.
Dopo la fine dell’avventura coloniale nel periodo fascista,in cui seguì il marito governatore ad Addis Abeba, rientrò, nel 1943, in Italia. Nel dopoguerra Pepita abitò tra Palermo e Cefalù occupandosi di attività culturali e frequentando la Libreria Flaccovio, luogo di incontro di intellettuali come Leonardo Sciascia, il regista teatrale Accursio Di Leo, lo storico Gaetano Falzone, il regista Pino Mercanti.
A Cefalù svolse un’intensa azione di animatrice culturale soprattutto negli Anni Sessanta. Nel 1966 infatti fondò, con Giovanni Agnello di Ramata e il prof. Giovanni Palamara, l’Associazione degli Amici della Musica (attiva ancora oggi), di cui fu vice-presidente, grazie alla quale Cefalù potè ospitare eventi musicali di alto livello, organizzando concerti con l’Orchestra Sinfonica Siciliana con Ottavio Ziino, con Salvatore Cicero, Eliodoro Sollima, Giovanni Perriera, Angelo Faja ed Enrico Anselmi, con il chitarrista Giuliano Balestra, con i pianisti Giuseppe La Licata e Valerj Voskobojnikov, e i direttori d’orchestra Gaetano Delogu e Giuseppe Giglio.
Nel 1977 fondò il Centro di Cultura a cui diedero il loro contributo oltre che vari cefaludesi attenti alle esigenze culturali (circa 150 soci), il prof. Giusto Monaco, Silvana Brajda, e Amedeo Tullio-che avrebbe dovuto essere con noi stasera a portare la sua diretta testimonianza ma che stava poco bene e non ha potuto partecipare. Merito del Centro fu l’organizzazione di qualificati convegni su tematiche di particolare importanza per Cefalù, con la partecipazione di esperti italiani e stranieri: Vincenzo Tusa, Giovanni Agnello di Ramata, Pasquale Culotta, Henri Bresc, Francesco Giunta, lo storico e critico d'arte Wolfgang Kroenig. A quest’ultimo Pepita sollecitò un intervento sulla necessità dei restauri della Cattedrale, che, insieme all’opera di pressione nei confronti della autorità politiche, costituì la base per ottenere i primi finanziamenti. Il Centro di Cultura fu anche punto propulsore dell’interesse per l’archeologia a Cefalù.

E’ quello infatti il periodo del ritrovamento di una necropoli ellenistica e dell’impegno di Amedeo Tullio per il recupero dei reperti.
Una cosa che è importante osservare è che queste iniziative furono portate avanti da Pepita Misuraca in età matura. E’ questo un esempio per tutte le donne a non tirarsi indiero, a seguire la loro vocazione senza tener conto di alcun pregiudizio. Quando la si vedeva, elegante e vivace, nelle varie riunioni e iniziative, nessuno pensava alla sua età ma tutti erano conquistati dal suo dinamismo e dalla sua tenacia.
Forse solo una fu la battaglia per cui non ottenne risultati:quella per l’acquisizione sociale della Caserma Botta, per cui aveva realizzato incontri con le forze sociali e gli organismi politici e culturali di Cefalù, e aveva persino contattato l’allora ministro della Difesa Attilio Ruffini.
Pepita Misuraca fu anche scrittrice efficace ed elegante, e credo,-mi sia consentita questa osservazione diciamo così “femminista”-, che se si fosse trattato di uno scrittore invece che di una scrittrice, i suoi libri sarebbero stati più valorizzati; sono racconti interessanti, scritti in modo moderno, mai retorico, semplice ma intenso.

- “I miei Racconti africani”,1977, (memorie della sua esperienza in Africa)

- “I Personaggi –racconti brevi”,1973 (bozzetti su personaggi cefaludesi),

- “Quando l’anima sa leggere”, 1982

Chiudo qui questa breve panoramica della vita di Pepita, e vorrei chiudere lasciando la parola in qualche modo a lei stessa con la lettura di un suo brano che racconta il suo rapporto psicologico con la Sicilia nel momento in cui sta per trasferirvisi insieme al marito.
Prima però mi sembra giusto ricordare, -e mi scuso se parlo di una mia iniziativa-, che finalmente dopo anni di richieste alle Amministrazioni e alla Commissioni toponomastiche, è stata dedicata una strada di Cefalù a Pepita. Per la sua poliedricità, per il suo amore per Cefalù e le sue numerose iniziative per Cefalù, io credo proprio che se la meriti
”!

Angela ha quindi letto il brano “Insieme sognamo la Sicilia…”, da “Quando l’anima sa leggere”, di Pepita Misuraca

….Insieme sognamo la Sicilia, lui con amore e nostalgia, io solo con ansia,anche se mi sembra già di amare tanto questa terra, che mi faceva allora un po’ di paura. Nella mia mente vulcani, terremoti, briganti finivano per confondersi con l’acuto profumo delle zagare in fiore, con strane prospettive di scogli lavici, neri, in riva ad un mare azzurro, quasi blu, di fronte ad un orizzonte vasto dove il sole cade per creare uno scenario di intensa suggestione.
Le mie amiche mi avevano detto: “Vai in Sicilia? Le donne laggiù si coprono il viso con lo scialle, guardano attraverso le persiane, gli uomini sono terribilmente gelosi”. Ma io avevo risposto orgogliosamente: “Mi coprirò il viso anche io, farò come le altre”.
Si fanno le valigie, si lascia con una punta di malinconia il castello, il viale di robinie che sa tutti i nostri baci, per tornare a Genova, -soltanto per un breve saluto alla mamma e a papà, e poi sulla via della Sicilia, in treno naturalmente. Il viaggio era allora di trentasei ore.Io sono spensierata e ridente, [….], lui è a volte pensieroso, perplesso, preoccupato, sia della mia dolce incoscienza, sia probabilmente al pensiero dei miei futuri giudizi sulla sua Isola, su quel mondo diverso che sto per incontrare.
Non sapeva ancora il mio uomo che la fanciulla genovese avrebbe spontaneamente soffocato il suo spirito critico per accettare con devozione i miti della Sicilia millenaria, e più tardi nelle avversità della vita avrebbe saputo muoversi nello sfondo di tragedia che della Sicilia è il più naturale umano scenario. Non sapeva ancora che tra la famiglia dei capitani di ventura genovesi e quella dei nobili siciliani sarebbe sorto un legame tanto profondo…[…]
.

Giuseppe Palmeri, chiedendosi, dopo le parole di Angela, cosa gli restasse da dire riflette su come “spesso ciò che più ti strugge nella vita è le difficoltà, la impossibilità di ricostruire le figure che sono state care: sia quelle che abbiamo conosciuto e che ci sono venute meno perché allontanatesi oppure morte, sia certe figure letterarie che ci sono state care nella nostra vita e che hanno contribuito a formare il nostro ambito, noi stessi, il nostro patrimonio ”.

cita Quindi Sant’Agostino:

“Quelli che narrano avvenimenti passati non racconterebbero cose vere se non le vedessero con la loro mente, e tali avvenimenti non potrebbero assolutamente essere visti se non esistessero ancora. Esiste dunque passato ”!

Probabilmente è nelle nostre emozioni.

Si inoltra quindi nel sentiero dei propri ricordi a partire da quelli infantili delle villeggiature in una campagna cefaludese diversa da oggi.

Una donna laicamente rispettosa del passato e quindi delle tradizioni anche religiose, così come si sentiva in dovere di essere anche con gli amici e le amiche. Una donna colta e cordiale.

Poi il salto a ricordi da adulto, di quando si stava sposando.

Una donna in cui la tensione morale si faceva principio di estetica.
“Non ha importanza la ricchezza ma la bellezza e le sue armonie”.
“Erano i tempi in cui si cominciava a spianare lo Spinito e a Cefalù venivano i “nuovi ricchi” (spesso da Palermo).
Soffriva nel vedere spendere molto denaro per cosa non belle
.

Ai tempi dell’apertura del “Village magique”, lanciò una piccola bottega dove vendeva piccoli mobili ma di grande gusto, consigliando. Una donna che aiutava a realizzarsi, stimolatrice del genio, come fu per “Ciccio” che prima fu un ciabattino e poi uno stilista o per alcune ragazze a cui, per quanto allora “di paese”, insegnò a sviluppare quello dell’indossare .

Per la società cefaludese di allora la sua presenza, nel suo piccolo, fu utile, di valore, uno “scuotimento” contenuto in questa sua massima: importante non è che hai pochi soldi; importante è che fai bene ciò che fai !

Pronta a sbracciarsi in prima fila nelle fasi critiche della vita, convinta che essi si superano soltanto a partire da ciò che veramente abbiamo.
Amava profondamente Cefalù e i segreti dei suoi sentimenti stanno nei tre libri che ha scritto
.

Incoraggiò il Professore Tullio quando ancora, forse da dilettante, già seguiva gli scavi che si facevano allo Spinito per le nuove case, alla ricerca di resti archeologici (quelli di due sarcofagi romani sono conservati al Mandralisca) .

Ebbe inoltre intorno a sé tutta una generazione di giovani musicisti cui si appassionò. Tra questi Salvatore Cicero, Faia ...

Sempre attiva “non lasciava in pace” nessuno, perché desiderava ardentemente favorire la realizzazione dei talenti che vedeva intorno, rendendoli autonomi ed indipendenti dalle condizioni di provenienza.

“Questo suo modo di non piangerci addosso e di cercare di sbracciarsi e di fare, a me sembra una cosa molto bella, mi pare una virtù da diffondere soprattutto in questo periodo in cui...”.

Giovanni Cristina annuncia che Caterina di Francesca ha portato un documento che illustra il contributo che ha dato la signora Pepita Misuraca anche per il restauro del Teatro Comunale

- Caterina legge il documento.

Gaetano Misuraca, figlio della signora
Si sente solo di ringraziare la sala.

Dopo un breve intervallo ...

...in onore al suo contributo alla Musica a Cefalù, il M° José Luis Sottile ha eseguito e cantato alcuni brani argentini, accompagnato, per uno di questi, dalla voce di Angela.

Ha concluso l’incontro una giovane speranza, la sig.na Alessandra Cangelosi al Flauto