“Ouminicch” - Cortile “Peri” del teatro Comunale, 11 agosto
12 Agosto 2011, 05:17 - Pino Lo Presti [suoi interventi e commenti]
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Andare a fare analisi filologiche non è cosa mia; diciamo soltanto che ciò a cui abbiamo assistito ieri sera al cortile “Peri” del Teatro Comunale, è stato uno splendido esempio del ruolo che il teatro dell’Assurdo ha in ogni periodo storico e in ogni società “sull’Orlo di una crisi di nervi”, che ha smarrito cioè ogni rapporto tra l’etica ed il fare, tra il Super-Io e l’Es, tra la coscienza che viene dal cuore della propria umanità e il principio di realtà imposto non si sa bene da chi.
L’estraneazione del Sè, dal proprio stesso comportamento, indotto dal “sistema” (alle sue varie scale), può raggiungere vette di inconsapevolezza tali da rendere l’essere un automa la cui mano volge l’arma persino contro se stessi, mossa da quella che appare la ineluttabilità indiscutibile di un Ordine superiore imprenscindibile.
In una stanza due uomini: uno probabilmente che si vuole affiliare ad un sistema ed un altro che già in esso è stato operativo ma che abbisogna di una “verifica” forse perchè ha mostrato qualche cenno di cedimento.
Uno solo potrà uscire da quella stanza entrando, da “uomo”, in quella realtà, l’altro vi resterà probabilmente in quella cassa da morto, escluso dalla vita sociale.
Una sorta di ruolette russa basata sulla prontezza nel rispondere a questioni poste dall’amico-avversario sulla relazione appunto tra “spirito e carne”, come uno dei tanti giochi di società basati su associazioni logiche o verbali.
Non è chiaro ai due persino dopo quante risposte errate si perda.
Che i due abbiamo, in segreto in cuor loro, qualche perplessità si manifesta nella poca convinzione e nella goffagine con cui procedono in questo rituale iniziatico in cui uno dovrà uccidere l’altro - e con lui parte di se stesso - per essere accettato nella “Onorata” società, quella degli "uomini", per non essere più degli “ Ouminicch” anonimi.
Sembra, ad un certo punto, che qualcosa di critico entro di loro li stia portando ad aprire insieme quella porta e varcare quella soglia (uno sorta di proto-rivoluzione) ...
... ma uno squillio insistente del telefono li riporta indietro. “Tornate” dice la voce ma il particolare rilevante ed inquietante è che il telefono è staccato.
La forza dell’introiezione è dunque tale che sono diventati guardiani di se stessi; talmente schiavi da sentirsi liberi di scegliere.
Come procede dopo e soprattutto come va a finire non l’ho capito ma forse era proprio questo l’intendimento dell’autore.
Una metafora certo quanto mai pregnante in un “sistema”, come quello in cui ogni giorno viviamo, che ti accetta e ti riconosce quanto più sei disposto ad “uccidere” la verità e la vita dentro di te e negli altri.
Un rituale iniziatico che molti, troppi praticano a piccole dosi ogni giorno credendo di essere in ciò liberi, inconsapevoli ormai della propria condizione di schiavi.
Spettacolo bellissimo, per la intelligenza del testo, la sapiente tecnica teatrale, e la convinta recitazione degli attori, quasi comico.
Peccato che ad una tale lezione di Teatro fossero assenti, tra il pubblico, i giovani di Cefalù specie quelli che magari vorrebbero fare teatro.
Grazie a Marco Manera e alla fondazione Mandralisca per averceli portati.
Così Manera presentava l’appuntamento il 9 luglio :
“L’11 agosto ci sarà la “Compagnia del Tratto” di Palermo, con lo spettacolo "Ouminicch", con cui torniamo alla innovazione.
E’ una Compagnia, molto conosciuta a livello nazionale ed internazionale, che si occupa di drammaturgia contemporanea. L’autore, che è anche uno dei due attori che va in scena e ne cura la regia, è Rosario Palazzolo.
Questo lavoro è il primo di una trilogia.
Parte anche esso dalla tradizione in quanto è recitato interamente in dialetto siciliano, palermitano, però rivolgendosi alla società contemporanea. Il tema è quello della “impossibilità” su di cui la Compagnia sta perseguendo una sua ricerca e di cui il primo capitolo è proprio "Ouminicch": la impossibilità della scelta.
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