Il Museo archeologico di Kephaloidion presso Himera (parte I)

ritratto di Nicola Pizzillo

Versione stampabile

Come il sole spuntò, Serse versando libagioni nel mare da una coppa d’oro rivolse al sole la preghiera che non gli capitasse alcun evento tale da farlo desistere dall’assoggettare l’Europa prima di averne raggiunto i confini. (Erodoto, Storie, VII, 54, 2)

Stimolato dal manifesto pubblicitario che recava la suddetta citazione, domenica scorsa mi sono recato in visita all’Antiquarium di Himera per ammirare il capolavoro di età ellenistica denominato Phiale Aurea (v. foto), ossia quella coppa d’oro, finemente cesellata, rinvenuta casualmente nel territorio di Caltavuro nel 1980.
La sua storia è stata molto travagliata, difatti venne venduta clandestinamente all’estero ed è ritornata in Sicilia nel 1999, a seguito dell’azione investigativa dei Carabinieri e della Procura della Repubblica di Termini Imerese, a cui ha collaborato anche il nostro concittadino Frank Di Maio.
Per chi volesse approfondire l’argomento ecco il link al sito della Pro Loco Caltavuturo:
http://prolococaltavuturo.it/index.php?option=com_content&view=article&i...

Consiglio a tutti di farvi un salto, sono appena 15 minuti d’auto, anche perché in questo Museo (sito in loc. Buonfornello SS.113 Km.206), ben tenuto ed organizzato, potrete osservare, oltre ai numerosi ritrovamenti dell’antica colonia greca di Himera, tanti reperti archeologici, ellenistici e romani, scoperti nella nostra città dalle diverse campagne di scavo condotte dall’archeologo Amedeo Tullio, un’altra parte sono invece ospitati al museo Mandralisca. Di seguito la didascalia di uno di questi nostri tesori, gli altri per lunghezza del testo esplicativo necessitano di una pubblicazione autonoma.

LA VILLA ROMANA DI SETTEFRATI

spiaggia_settefrati.jpg

Posta in una splendida posizione panoramica, su un costone a strapiombo sul mare, pochi chilometri ad ovest di Cefalù, la Villa di Settefrati costituisce un bell’esempio di villa maritima, ossia di residenza padronale costruita a diretto contatto del mare. Purtroppo, l’erosione del costone, sulla sottostante spiaggia e i lavori agricoli hanno determinato nei secoli la quasi completa distruzione delle strutture della villa; tuttavia, la presenza di mosaici e di marmi policromi destinati alle decorazioni delle pareti, testimoniano di un edificio realizzato con cura e di discreto lusso. Le prime tracce di occupazione del sito, con probabile presenza di costruzioni, sono databili già in età ellenistica, tra fine IV e III sec. A.C. Ma è tra la fine del III ed i primi decenni del I sec. D.C. che la villa venne integralmente ristrutturata ed arricchita, anche con l’impiego di mosaici oggi quasi del tutto perduti. In un grande ambiente, quasi interamente franato sulla spiaggia, fu scoperto il lembo di mosaico policromo qui esposto (museo Himera n.d.r.). Lo schema decorativo, di tipo geometrico, è costituito da stelle ad otto punte, formate da quadrati incastrati ed affiancati da losanghe, che determinano a loro volta altri quadrati. Gli spazi che ne risultano sono decorati con motivi sempre diversi : pesci, una svastica, una pianta (probabilmente un carciofo), un cestino con fichi ed intorno grappoli d’uva. Il mosaico rientra nella grande tradizione dei mosaici africani, che trovò ampia diffusione in tante ville siciliane di età medio imperiale, tra cui un posto privilegiato merita quella del Casale di Piazza Armerina.