Salvatore Ferrara- il dramma ai piedi del vulcano.

ritratto di Angela Di Francesca

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Su Repubblica-Palermo dello scorso Giovedì 28 aprile un articolo di Mario Genco dal titolo "Da Palermo alle Antille sotto l'ira del vulcano" nel ricordare l'eruzione vulcanica di Saint Pierre, in Martinica, nel maggio 1902, menziona anche la figura del Capitano di Marina cefaludese Salvatore Ferrara che in quel disastro trovò la morte.

Ferrara era salpato da Genova a marzo, al comando del brigantino "Teresa Lo Vico", con il quale aveva solcato più volte l'Oceano seguendo la rotta per le Americhe. Questa volta era diretto in Martinica, e a maggio, ormeggiato al porto di Saint Pierre, attendeva alle operazioni di imbarco delle merci, come altri piroscafi di varie nazioni.
Da alcuni giorni il Mont Pelé, il vulcano ai cui piedi sorgeva la città, emetteva vapori di zolfo, cenere e lapilli, finchè il 7 Maggio fenomeni più inquietanti del solito, come una nube nera che oscurò il cielo e vaste fiammate fuoruscenti dalle bocche del monte, misero in allarme i più prudenti o i più fortunati, che fuggirono. Tra questi ci fu Marino Leboffe, comandante del bastimento napoletano "Orsolina"; altre fonti affermano invece che l'unica nave scampata al disastro fu la "Roddam", comandata dal capitano Freeman.
Il giorno successivo, l'8 Maggio, ci fu l'eruzione vera e propria che fece precipitare nella città e nel porto una massa di lava incandescente che non lasciò scampo. Il capitano Freeman diede la notizia del disastro con queste parole:"Potete telegrafare al mondo che non c'è più anima viva a Saint Pierre". Infatti nella città (circa 30.000 abitanti), ci furono solo tre sopravvissuti: il calzolaio Léon Compère-Léandre,una bambina di nome Havivra Da Ifrile, e un prigioniero, Auguste Cyparis, che fu protetto proprio dallo spessore delle mura della sua cella sotterranea e che fu poi graziato diventando celebre nel Circo Barnum come "l'uomo sopravvissuto al Giudizio universale".

Oltre ai lapilli, ai gas e alla lava, sulle navi ancorate nel porto si abbattè un'onda d'urto di circa tre metri.
Sul "Teresa Lo Vico" vi furono dei superstiti, ma il cefaludese Salvatore Ferrara non fu tra questi. Ernest Zebrowski nel suo libro:"The last days of Saint Pierre" afferma che il nostro concittadino non morì a causa delle ustioni o dei vapori di gas lavici, ma colpito dall'albero maestro della nave.
Per i morti del "Lo Vico",osserva Mario Genco, non ci fu nemmeno un necrologio sul Giornale di Sicilia, solo poche righe di notizia.
La morte di Ferrara fu però ricordata a Cefalù, come ci dice Domenico Portera nel suo "Libro d'oro della Città di Cefalù".
Nell'anniversario della morte, nella Chiesa dell'Annunziata fu celebrata una Messa durante la quale il Canonico Giuseppe Maggio Ruina pronunciò un elogio funebre, che poi la famiglia Ferrara fece stampare presso la Tipografia Gussio.
Maggio Ruina riferisce anche un episodio di eroismo della vita di Salvatore Ferrara:"Il 31 agosto 1886", egli dice, "segna una delle pagine più belle, più gloriose della vita modello del nostro povero ed oscuro eroe. Trovavasi egli in una delle città più cospicue degli Stati Uniti d'America. Quella città venne colpita da un tremendo terremoto. Salvatore Ferrara si diede ai soccorsi, strappò dalla morte straziante circa sessanta persone" .La città era Charleston, in Sud Carolina. Finora non ho trovato fonti dirette dell'episodio, ma esistono varie pubblicazioni e giornali in lingua inglese sul terremoto di Charleston, la cui consultazione potrebbe svelarci se si è conservata memoria del nome del nostro concittadino.