Onore al Maestro Salvatore Cicero

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questa foto e il seguente testo ci sono stati inviati da Giovanni Biondo

RICORDO DI SALVATORE CICERO
In occasione dell'apertura del Teatro Comunale intitolato al concittadino Maestro Salvatore Cicero reputo interessante la rilettura dell' articolo con cui Alfredo Mario La Grua, nel giornale cefaludese per antonomasia, Il Corriere delle Madonie, ricordò il grande musicista pochi giorni dopo la scomparsa.

Quando, nel primo pomeriggio del 3 agosto u.s., si è fulmineamente sparsa in città la notizia dell'improvvisa morte del Maestro Salvatore Cicero (così, affettuosamente, lo chiamavano tutti i cefaludesi che lo avevano visto nascere, rivelarsi come « enfant prodige » e percorrere rapidamente la via del successo), il nostro giornale, al quale egli era attaccatissimo, era già in ferie.
All'unanime, profondo, spontaneo dolore della cittadinanza sconvolta da quella notizia, al generale cordoglio del mondo della musica nel quale egli aveva un ruolo di alto prestigio, ci siamo associati come amici e come estimatori, mentre di lui, scomparso nel momento più felice della sua carriera, ampiamente si occupavano i quotidiani per illustrarne la bella, nobile figura, per evidenziarne le qualità artistiche, per sottolinearne l'impegno assiduo, tenace, generoso, sopratutto a favore dei giovani, per i quali aveva concepito un ambizioso progetto, dopo averne esaltato l'entusiasmo in applauditissime « tournées » in Italia e all'Estero.
Alle commoventissime, strazianti esequie, svoltesi nella Chiesa del Purgatorio, troppo piccola per contenere l'enorme folla di amici, di colleghi, di cittadini in lacrime attorno alla moglie, ai figli, ai genitori, quando il Vescovo di Cefalù, Mons. E. Catarinicchia, ha rievocato i momenti più significativi e più qualificanti della breve esistenza di Salvatore Cicero e ha detto che mai egli ebbe a smentire l'educazione ricevuta e a rinnegare le sue radici artigiane, noi abbiamo avvertito che Cefalù perdeva con lui una genuina, autentica espressione delle sue risorse artistiche, culturali e umane, un figlio di cui andava orgogliosa. E all'uscita del feretro dalla Chiesa, quando l'enorme folla, in mezzo alla quale si trovavano tutti i professori d'orchestra che la sera di martedì 3 agosto avrebbero dovuto eseguire un concerto insieme a lui nell'atrio del palazzo vescovile, spontaneamente gli ha tributato l'estremo applauso, noi abbiamo avvertito che il mondo della musica perdeva con lui un Maestro di eccezionale levatura, un animatore intelligente, volitivo, entusiasta. E così, commossi, lo abbiamo accompagnato all'ultima dimora.
Ora, dopo le ferie, su questo giornale che tante e tante volte si è occupato di lui, della sua carriera, dei suoi successi, vogliamo rendere un pubblico omaggio alla sua memoria. Alla quale, certamente, faremmo torto, sopratutto come amici se indulgessimo alla retorica, fin troppo facile per chiunque, dinanzi alla morte prematura di un artista come Salvatore Cicero.
Nato a Cefalù dal Sig. Pasquale Cicero e dalla Signora Annetta Vazzana, Salvatore Cicero ebbe il suo primo incontro con la musica quando aveva poco più di quattro anni, mentre ancora frequentava l'asilo, presso il Collegio di Maria: durante una festa di nozze, fu sollecitato a cantare; avendolo ascoltato e apprezzato, il M° Pino Ilardo propose dì iniziarlo agli studi musicali. Sul bancone del padre falegname, imparò le note su modellini di cartone; e il primo strumento che ebbe in mano, a quattro anni e mezzo, fu un « quarto di violino », di proprietà del Sig. Pietro Zito ed ora in possesso, come prezioso cimelio, del figlio di costui, Alfredo. Cominciarono le sue esibizioni in pubblico. Il padre allora volle condurre un rigoroso sondaggio per accertare la sua vocazione artistica. Salvuccio accettò tutte le limitazioni di svago, ma non volle assolutamente rinunciare al violino.
Ultimate le Elementari, frequentò da esterno il Conservatorio,continuando a studiare nella Scuola Media. Era all' 8° anno del corso di violino quando in Conservatorio fu dato un concerto. Salvuccio, da un Maestro svizzero, fu invitato a partecipare (1959) a due importanti tournées che impegnarono il « Collegium Musicum Helveticum » nelle due Americhe, a Cuba e in Europa. Aveva da poco conseguito il diploma, con il M° Guido Ferrari e seguito un corso di perfezionamento con Remy Principe, quando fu bandito un concorso per violino di fila al teatro « Alla Scala » di Milano; Salvuccio aveva 21 anni e si classificò primo fra 25 concorrenti.
Poco dopo alla << Fenice >> di Venezia, vinse il concorso per primo violino. Fece il servizio militare di leva e a soli 23 anni entrò, nel 1963, come primo violino nell'Orchestra Sinfonica Siciliana. Nel 1964 formò, con Eliodoro Sollima e Giovanni Ferriera, il « Trio di Palermo » che nel 1969 ottenne il premio nazionale « Diapason d'oro ». Partecipò come solista, a numerosi concerti in Italia e all'estero. Nel '72 suonò in un concerto di Vivaldi per due violini e orchestra, con il celebre violinista Henryk Szering.
Nello stesso anno formò col pianista Pier Narciso Masi il « Duo Cicero-Masi ». Sempre in quell'anno, nel Conservatorio di Palermo, dà vita all'orchestra d'archi « Giovani Cameristi Siciliani », il « fiore all'occhiello » del suo instancabile impegno. Intraprende così l'attività direttoriale, occupandosi dei giovani suoi allievi e portando la « musica » nelle scuole. « Portare ai ragazzi la musica eseguita da ragazzi, diffondere tra i giovani la conoscenza e la passione per la musica classica»; questo il programma. Di anno in anno, via via che i giovani strumentisti escono diplomati dal Conservatorio, l'orchestra si rinnova. Con i « Giovani Cameristi » Salvo Cicero partecipa nel 1976 al Festival Europeo di Passau (Germania Federale), nel 1977 al Festival Internazionale « Jugent und musik in Wien »; nel luglio 1980 effettua una tournée in Germania toccando Amburgo, Brenna, Oldemburg e Bremerhaven. Nel 1981 registra per la T.V. la « Messa breve in sol magg. K. 140 di Mozart.
Due altri servizi vanno in onda al « Telegiornale » e alla rubrica « Scuola aperta ».
Nel maggio 1982 Salvo Cicero esegue in prima assoluta il Concerto per Violino e Orchestra del M° Ottavio Ziino, a lui dedicato e pensato appunto in funzione delle sue qualità di interprete. E' questo uno dei momenti più prestigiosi e più felici della sua carriera di artista. Per la sua bravura, ma anche per la sua profonda umanità, tutti gli vogliono bene; quasi se ne sorprende; scrive al padre commosso di tanto affetto e il padre gli ricorda che lo deve anche alla rigida educazione ricevuta in famiglia.
Nello scorso luglio, l'orchestra dei « Giovani Cameristi » da lui diretta prende parte alla « Rassegna Internazionale di Orchestre Giovanili » svoltasi al Teatro Lirico di Milano, riscuotendo clamoroso successo di pubblico e di critica. Di Salvo Cicero e della sua orchestra si occupa (e ciò dà la misura del successo), la stampa milanese, di solito molto esigente in materia musicale; un lungo articolo, con fotografia, pubblica il « Giornale Nuovo » del 30 luglio.
Salvo Cicero, soddisfatto, rientra in Sicilia. Domenica 1° agosto al « Golden » di Palermo, lo ascolta no per l'ultima volta i suoi ammiratori, sopratutto "negli sprazzi solistici che « Pulcinella » di Stravinski riserva al primo violino ».
E' il suo ultimo concerto.
La sera di martedì 3 agosto, il giorno della sua morte, doveva suonare a Cefalù, nell'atrio del Palazzo Vescovile. Per una strana fatalità la morte lo ha ghermito poche ore prima. Accingendosi ad andare a mare per un bagno, con la moglie e con i figli, si era voluto intrattenere un po' più a lungo col padre, nella bottega artigiana. Si è sentito male in acqua. E' stato soccorso. Ogni tentativo di salvare la sua vita, in ospedale, è risultato vano.
Increduli, sgomenti, i cefaludesi, che gli volevano bene, che di lui erano tanto fieri, hanno appreso subito la notizia della sua morte.
Unanime il cordoglio della « sua » città, alla quale era attaccatissimo.
Ora, a più di un mese dalla sua scomparsa, mentre i ricordi si sono illimpiditi e il profilo di uomo e di artista di Salvuccio Cicero si è fatto nella nostra mente più nitido, egli ci sembra più che mai vivo, più che mai presente, con la sua bella figura, col suo sorriso aperto, col suo sguardo penetrante, col suo fare composto e, in certo senso, aristocratico, con la consapevolezza del suo valore, ma anche con la sua innata modestia.
Alla moglie Angela Maria Giardina, inconsolabile, ai giovanissimi figli Maurizio e Valerla, al padre, alla madre, alla sorella, ancora sconvolti dal dolore, noi non rivolgiamo la convenzionale espressione di cordoglio, ma diciamo con semplicità e convinzione che egli appartiene per sempre al cuore di Cefalù e di quanti lo conobbero, e che motivo di conforto per i Congiunti deve essere la certezza che egli, come uomo e come artista, lasciandoci, ci ha consegnato un esempio di vita e un messaggio di spiritualità a cui potremo perennemente attingere.
ALFREDO M. LA GRUA