IL PORTO DI PRISSULIANA ED IL CAOS

ritratto di Saro Di Paola

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Le immagini delle banchine, degli spiazzi e dell’intorno a terra del porto di “Prissuliana” sono di quelle che dovrebbero fare riflettere :
quanti starebbero, il condizionale è d’obbligo, predisponendo l’ennesimo progetto di completamento e di messa in sicurezza del porto;
quanti altri, nelle more che al completamento si pervenga, sono preposti al rilascio delle concessioni demaniali.
In quel che resta dello specchio acqueo del bacino portuale.
In quel che resta delle aree a terra tra la radice della diga foranea, a occidente, e l’inizio della scogliera della Calura, a oriente.

L’ultimo progetto di cui la Città dispone, quello fatto elaborare, nel 2002, dal sindaco Vicari all’Ufficio Tecnico Comunale con la supervisione dell’ing. Spina e dell’arch. Botta, prevedeva, oltre alle opere a mare, la realizzazione di quelle infrastrutture a terra che sono indispensabili perché un porto possa definirsi tale.
Infrastrutture -in particolare parcheggi- che, peraltro, sono indispensabili al fine di evitare che l’incremento del numero dei posti barca non aggiunga altro caos a quello che la fa, già, da padrone in ogni ritaglio delle aree a terra.
Al riguardo le immagini fotografiche sono sin troppo eloquenti.
E ciò con il numero di posti barca di cui, nell’estate del 2010, il porto dispone.
E ciò senza quel potenziamento dei collegamenti con le isole che è, o che dovrebbe essere, uno degli obiettivi che ci si prefigge di raggiungere con le opere di “chiusura a greco” e di messa in sicurezza di un bacino portuale che sarà, certamente, più ampio di quello attuale.
Un progetto di completamento del porto che non dovesse tenere nella giusta considerazione le infrastrutture a terra o, peggio, che non dovesse stabilire un giusto nesso ed un corretto rapporto logistico tra le opere a mare e le infrastrutture a terra sarebbe l’ultimo colpo che si potrebbe infliggere all’assetto ambientale di un luogo oramai irrimediabilmente compromesso.
Il rilascio, nelle more, di ulteriori concessioni demaniali, a mare e a terra, oltre ad aggravare l’attuale, irrazionale, assetto del luogo costituisce il più grave dei pregiudizi nella prospettiva di quel suo miglioramento cui l’ennesimo progetto deve essere ispirato.