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ritratto di Pino Lo Presti

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Personalmente auspico il meritato successo a “LA PLUMERIA”, alla signora Mariantonia Provenza ed al marito, Pietro La Spisa, che ne sono i “padroni di casa”.

Vorrei, per l’occasione - assieme a chi cura il primo albergo a quattro stelle nel Centro Storico di Cefalù -, però fare una riflessione sulla “qualità” del Centro Storico che, credo, non dovrebbe poter tornare affatto a loro danno.

Loro, come altri, che gestiscono strutture ricettive nel Centro Storico di Cefalù, “amministrano” di fatto la fruizione dello stesso centro-abitato da parte di visitatori.
E’ corretto aspettarsi che tutti coloro che “amministrano” qualsiasi cosa, a qualsiasi titolo, si pongano la domanda (riguardo all’ ”amministrare”): al servizio di chi o di che cosa?

Che si chiedano dove sta la differenza tra “uso” di una risorsa e “sfruttamento” della stessa?

Dovrebbero essere intanto chiare due cose: in “che” consiste la “cosa” di cui sto “amministrando” la fruizione; e che qualsiasi cosa può essere “fruita” solo fino ad un “certo” punto; oltre il quale, si compromettono le caratteristiche della “cosa” di cui si fruisce; quel certo punto, oltre il quale, eccedendo nella “fruizione”, si innesta un processo degenerativo della “qualità” della “cosa, e cioè che esiste un limite oltre il quale dall’ “uso” si passa allo “sfruttamento”!

I concetti di “compatibilità” e “sostenibilità” non li ho inventati io - come quello di “rispetto” - e dovrebbero ormai essere patrimonio di tutti; specie da chi “mette a frutto risorse” ci si aspetta che agisca in modo tale da non comprometterle, evitando di lasciare, alle prossime generazioni, solo “terra-bruciata”, sterile!

Cos’è il “Centro Storico di una città”?
E’ il luogo della storia di una Identità collettiva.
I residenti “storici” di Cefalù, gli autoctoni, gli “indigeni”, sono una “risorsa” in rapporto di valorizzazione reciproca con quella urbanistica/monumentale/storica: ognuna è un valore aggiunto dell’altra, formano un’unità inscindibile?

Personalmente credo che, tra i “monumenti” che ci ha lasciato la storia, il più grande, il più spettacolare, il più vivo sia quell’organismo sociale umano che dentro la “conchiglia” - rappresentata da quelle case - vive, avendola nei secoli costruita, e ogni giorno animata!

Potreste anche non essere d’accordo - essere tra quelli che “amano” solo la Conchiglia svuotata dall’Essere che vi abita e che l’ha costruita -; in questo caso, il mio discorso finisce qui!

Ma, se siamo d’accordo che l’autore di un “testo” è tanto importante quanto il testo stesso,
converremo, dunque, di stabilire quale sia la percentuale di vani da mettere a disposizione della attività ricettiva, rispetto a quella “abitativa”, se non si vuole innescare una mutazione “in toto” della destinazione d’uso del Centro Storico di Cefalù, da “abitativa” a turistico-ricettiva”, con la conseguente espulsione dell’Autore del “testo”, degli “indigeni”!

Nell’idea del legislatore, il Bed and Breakfast era una soluzione ideale tra richiesta di ricettività e permanenza dei residenti. Questi, quando avessero avuto uno due, tre vani in più, li avrebbero ben potuti usare per “ricevere” (avendone naturalmente i requisiti) degli ospiti paganti. Ciò avrebbe assicurato una integrazione alla economia familiare che permettesse al nucleo familiare stesso di rimanere ad abitare nella propria casa, nel proprio quartiere. Non solo un turismo “compatibile” dunque ma ottimale in quanto le sue ricadute non sarebbero state solo economiche ma anche sociali e culturali: niente di più positivo infatti di un incontro umano, tra gente forestiera e gente locale, all’interno di una dimensione “familiare”!

Ma quanti veri Bed and Breakfast ci sono a Cefalù? Non occorre evitare che, con questo escamotage burocratico, si rompa quell’equilibrio che solo può mantenere sano l’incontro tra gente diversa, che solo può mantenere compatibile e fruttuoso - anche da un punto di vista sociale e culturale, direi “umano” - il “turismo”, e, ciò sia per il turista che per l’ospitante?

Non occorre che sia posto un freno - all’interno di questa logica - al fenomeno delle “case vacanze”, in specie quando la speculazione immobiliare che attorno ad esse si innesta, costringe i residenti “in affitto” ad emigrare?

Non è questa la sede in cui approfondire, da un punto di vista normativo, queste tematiche.

Qui, si vorrebbe solo ricordare a tutti coloro che della risorsa “Centro Storico” si fanno Imprenditori che esiste una differenza tra “uso” di una risorsa e “sfruttamento” della stessa. I più avvertiti tra essi - quali non abbiamo motivo di dubitare siano i “padroni di casa della Plumeria” - dovrebbero essere in prima linea tra coloro che vogliano difenderne l’integrità architettonico-urbanistica ed “umana”, consapevoli che gli ospiti che decidono di “abitare-soggiornare” nel Centro Storico di Cefalù lo fanno per una ragione diversa da quella per la quale soggiornerebbero - se fosse possibile - in una Pompei o in una Ercolano!