Palermo, i pentiti svelano nuovi scenari sull'Addaura

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PALERMO - Un nuovo troncone di indagine cerca di far luce sui misteri legati al fallito attentato dell'Addaura del 20 giugno 1989 al giudice Giovanni Falcone: cinque le persone iscritte nel registro degli indagati, tutti appartenenti al clan mafioso Madonia. L' attentato fallì solo per un caso: una sacca da sub con 58 candelotti di dinamite, collocata sulla scogliera antistante la villa dove si trovava Falcone, fu notata da un agente di scorta che diede l'allarme.

L'indagine, archiviata nel 1994 a carico di ignoti, fu riaperta nel 1996 dopo le dichiarazioni di un collaboratore che assieme ad alcuni pentiti come Angelo Siino, rivelò che Cosa nostra voleva uccidere oltre a Falcone anche i magistrati elvetici Carla Del Ponte e Claudio Lheman, ospiti a Palermo per un'indagine riservatissima sul riciclaggio in Svizzera di denaro sporco della mafia siciliana.

Il 5 giugno 2004 la Corte di Cassazione confermò, in particolare, le condanne a 26 anni di carcere ai boss Salvatore Riina, Salvatore Biondino e Antonino Madonia per il fallito attentato. Il 20 agosto 2008 la procura di Caltanissetta aprì una nuova inchiesta in base ad un racconto di un pentito, secondo il quale fu ucciso un testimone, Francesco Paolo Gaeta, spacciatore, la cui colpa era stata quella di aver assistito alle fasi esecutive del commando che piazzò la borsa con l'esplosivo tra gli scogli.

All'attentato dell'Addaura, secondo i magistrati nisseni, sarebbero collegati altri episodi misteriosi come l' uccisione dell' agente di polizia Antonino Agostino, assassinato insieme con la moglie il 5agosto del 1989, e la scomparsa di Emanuele Piazza, collaboratore del Sisde, vittima della "lupara bianca" il 15 marzo del 1990.

Gli ultimi sviluppi dell'inchiesta sul fallito attentato dell'Addaura a Giovanni Falcone sarebbero orientati dal contributo di due collaboratori: Angelo Fontana e Vito Lo Forte. Il primo è legato al clan di Raffaele Galatolo e si sarebbe autoaccusato di avere avuto un ruolo nella preparazione e nella collocazione dell'esplosivo sulla scogliera davanti alla villa del magistrato. Lo Forte sarebbe invece collegato al giro di spaccio e di traffico che faceva capo alla cosca di Gaetano Fidanzati, recentemente arrestato a Milano.

Proprio Lo Forte avrebbe parlato della contrapposizione tra "buoni" e "cattivi": le due anime dei servizi segreti schierate una a protezione di Falcone e l'altra contro. Dalla parte dei "buoni" si sarebbero ritrovati l'agente Antonino Agostino, ucciso insieme con la moglie, e Emanuele Piazza, sequestrato e strangolato. Proprio per confermare questo ruolo positivo di Agostino e di Piazza è stato deciso di confrontare il Dna delle vittime con le tracce biologiche lasciate dagli attentatori nelle attrezzature da sub abbandonate tra gli scogli.
Fonte: www.lasicilia.it