A Cefalù “acqua senza autorizzazione sanitaria”? FALSO ! (LA BUFALA DEL DOTT. DE BLASI)

ritratto di Saro Di Paola

Versione stampabile

Con la nota indirizzata al sindaco di Cefalù il 30 marzo 2010, il dott. Vito De Blasi, direttore del “Dipartimento di prevenzione medico”, dell’ASP (Azienda Sanitaria Provinciale) di Palermo ha,
“richiesto di indire un urgente apposita conferenza di servizi con gli enti e le autorità competenti al fine di individuare soluzioni idonee alle risoluzione della problematica rappresenta”.
Ciò “ nella considerazione che in atto (a Cefalù) viene distribuita acqua non in possesso della necessaria autorizzazione sanitaria”. (SONO PAROLE TESTUALI)

A parte gli errori di grammatica che, anche se configurabili come errori di dattilo scrittura, una nota ufficiale di una Pubblica Istituzione non dovrebbe mai contenere, quantomeno, perché sono indice di superficialità del responsabile che quella nota ha sottoscritto,
la nota medesima è fondata su una “CONSIDERAZIONE” che NON HA RISCONTRO ALCUNO NELLA REALTA’.
Una “CONSIDERAZIONE” che, per essere DESTITUITA DI FONDAMENTO, E’ UNA BUFALA!

Infatti, affermare che A CEFALU’ “VIENE DISTRIBUITA ACQUA NON IN POSSESSO DELLA NECESSARIA AUTORIZZAZIONE SANITARIA” È FALSO!
UN FATTO IMPOSSIBILE che sia vero e che,SE FOSSE VERO SAREBBE, peraltro,UN FATTO GRAVISSIMO!

Ciò, almeno per le acque captate alla sorgente di Presidiana ed al pozzo di Santa Barbara.
Ciò,fondamentalmente ed anche, perché non è vero che il combinato disposto dal complesso delle norme che regolano la materia PREVEDA che, per TALI ACQUE, debba essere rilasciata autorizzazione sanitaria di sorta.
È, infatti, di tutta evidenza, che tali acque SIANO DISTRIBUITE per essere DESTINATE AL CONSUMO UMANO solo dopo TRATTAMENTO DI POTABILIZZAZIONE.

La chiave di tutto è proprio là.
Nel trattamento di potabilizzazione.

Per rendersene conto BASTA LEGGERE il Decreto del Ministro della Sanità del 26/03/1991 ed il Decreto Legislativo n° 31 del 2 febbraio 2001.
Decreti che, nel territorio della Repubblica Italiana, attuano le direttive CEE in materia di qualità delle “ACQUE DESTINATE AL CONSUMO UMANO”.

L’articolo 1 del D. Lgs. N° 31/2001 indica le “finalità” dello stesso e, così, testualmente, recita :
“Il presente decreto disciplina la qualità delle acque destinate al consumo umano al fine di proteggere la salute umana dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque, garantendone la salubrità e la pulizia.”

L’articolo 2 dello stesso Decreto “definisce” le acque destinate al consumo umano e, così, testualmente, recita :
“Ai fini del presente decreto, si intende per "acque destinate al consumo umano" :

1) le acque trattate o non trattate, destinate ad uso potabile; per la preparazione ,di cibi e bevande, o per altri usi domestici, a prescindere dalla loro origine, siano esse fomite tramite una rete di distribuzione, mediante cisterne, in bottiglie o in contenitori;

2) le acque utilizzate in un'impresa alimentare per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione o l'immissione sul mercato di prodotti o di sostanze destinate al consumo umano, escluse quelle, individuate ai sensi dell'articolo 11, comma 1, lettera e), la cui qualità non può avere conseguenze sulla salubrità del prodotto alimentare finale.”

È DI TUTTA EVIDENZA che le acque captate dal Comune di Cefalù alla sorgente di Presidiana ed al pozzo di S.Barbara non rientrino tra quelle che l’articolo 2 definisce “acque destinate al consumo umano”.

Di fatto e da quando è entrato in funzione il potabilizzatore, a Cefalù, L’ACQUA che viene “DISTRIBUITA” per essere DESTINATA AL CONSUMO UMANO, non è quella captata a Presidiana e, neanche, quella captata a Santa Barbara.
È UN’ALTRA ACQUA.
È UNA SOLA ACQUA che ha caratteristiche chimiche diverse da quelle dell’una e dell’altra ed è “L’ACQUA TRATTATA” dal potabilizzatore medesimo.

Pertanto, è, SOLTANTO, TALE ULTIMA ACQUA che deve rispettare i parametri e/o i requisiti minimi che il predetto Decreto fissa nelle tabelle ad esso allegate.
Tale acqua, per averli rispettati, detiene dal 2005 ad oggi, quello che l’art.4 del D.M. 26/03/91 definisce “IL GIUDIZIO DI QUALITÀ E DI IDONEITÀ D’USO SULLE ACQUE DESTINATE AL CONSUMO UMANO”.
Quel “giudizio” che l’Autorità sanitaria competente ha emesso, ed emette, in base “all’esame ispettivo ed ai controlli analitici” che, periodicamente, effettua e che altro non è se non “L’AUTORIZZAZIONE SANITARIA” per “l’acqua destinata al consumo umano” prevista dal complesso di tutta la normativa vigente.

LA CHIAVE DI TUTTO E’ NELLA ASSOLUTA DIFFERENZA TRA LE PIU’ ELEMENTARI DELLE CONGIUNZIONI DELLA LINGUA ITALIANA.

QUELLA TRA LA “E” E LA “O”!

LA CHIAVE DI TUTTO è nella ASSOLUTA DIFFERENZA che la lingua italiana segna tra l’espressione
“Le acque trattate O non trattate”
con la quale il Legislatore ha definito “le acque destinate al consumo umano” e quell’altra
“Le acque trattate E non trattate”
che il Legislatore avrebbe potuto usare, e che, invece, per la definizione medesima non ha usato.

La “E” avrebbe privato di SIGNIFICATO SOSTANZIALE la definizione che il Legislatore ha voluto dare alle “ACQUE DESTINATE AL CONSUMO UMANO”.
Ed ,infatti, HA USATO LA CONGIUNZIONE DISGIUNTIVA “O”.
INECCEPIBILMENTE!
Ogni tanto capita.
A rafforzare IL SENSO DELLA DEFINIZIONE medesima, il Legislatore ha aggiunto e precisato , “A PRESCINDERE DALLA LORO ORIGINE”!
ALTRETTANTO INECCEPIBILMENTE!

Ovviamente, il mio ragionamento e tutto il mio discorso sono validi, soltanto se, “nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”.
Come sancito dall’articolo 12 -interpretazione della legge- delle PRELEGGI.

Invece, troppo spesso e purtroppo, capita che SI INTERPRETI ciò che VA SEMPLICEMENTE LETTO!

Saro Di Paola, 29 aprile 2010