1 Settembre 2012, 20:37 - Laura Grazia Miceli [suoi interventi e commenti] |
Il 30 agosto si è conclusa l’Estate Mandralisca 2012 dopo circa 20 incontri tra concerti, proiezioni, conferenze e presentazioni di libri, con il Concerto "Lettere a Mussolini", con P-Polito, L. Profita e M. Inguaggiato
“Permettemi, dice Manlio Peri, un breve consuntivo della stagione. Nei circa 20 incontri, la partecipazione è stata numerosa , a volte numerosissima, al di là anche di quella registrata in media nelle passate stagioni. E questo è, per noi, motivo di grande orgoglio. Ho detto più volte che nonostante la penuria di mezzi finanziari, che quest’anno ci ha precluso la realizzazione di spettacoli teatrali, per il costo elevato delle attrezzature per l’amplificazione, abbiamo fatto e facciamo del nostro meglio per offrire attività di buon livello, e spesso di ottimo livello culturale, obiettivo irrinunciabile e motivo di orgoglio per la Fondazione Mandralisca, e costatare che la risposta del pubblico non manca ci spinge a continuare. Sei concerti, compreso quello di stasera, quasi sempre con la partecipazione di gruppi locali ci conferma nella convinzione che la cultura musicale a Cefalù sia ben radicata. Nel corso delle varie conferenze, abbiamo sentito parlare del legame tra arte e cibo, e del mondo affascinante dell’astrofisica e dell’astronomia.
Abbiamo proiettato cortometraggi, video, documentari, un film. Abbiamo realizzato incontri con l’autore, che i relatori hanno vivacizzato e approfondito, abbiamo allestito mostre.
Manlio Peri, Giuseppe Saja e Diego Cannizzaro
Ringrazio anche tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione della stagione, i direttori artistici dei concerti e degli incontri Diego Cannizzaro e Giuseppe Saja. Ringrazio l’addetto tecnico Nino Gugliuzza e il personale tutto. Non dimentico gli sponsor e soprattutto il pubblico che ci ha seguito e incoraggiato. Concludiamo la stagione con un bel concerto per voce recitante, fisarmonica e chitarra, intitolato,’Lettere a Mussolini’ e si esibiranno Piero Polito, Lorenzo Profita e Mirco Inguaggiato rispettivamente voce recitante, fisarmonica e chitarra. Relatore Gandolfo Librizzi.
Prende la parola Piero Polito e introduce la serata con un omaggio all’intellettuale, scrittore, letterato Borgese che sarà il protagonista dello spettacolo, rimandando a Gandolfo Librizzi, della Fondazione Borgese, l’approfondimento del tema. Il trio dedica un brano che parla della Sicilia e della nascita della lingua italiana alla quale tanto ha dato il siciliano. “Tante voci strane, parole ebree, arabe e cristiane…” recita il testo” non si capiva niente, fino a che il re decretò che si doveva parlare con la lingua del popolo. E così nacque, in dialetto, la prima poesia d’amore, nei giardini di Palermo e a poco a poco, piano piano il dialetto si fece italiano. Questo canto struggente in forma di ballata
è stato uno dei brani più interessanti della serata.
Certo la storia di Borgese, come quella di molti, di tutti gli intellettuali italiani e non solo intellettuali e artisti, si intreccia con eventi molto critici e difficili di quella fase della storia italiana segnata dal fascismo. Recentemente si è discusso di unità d’Italia e di autonomia in varie parti d’Italia , non solo in Sicilia. Per ricordare che in ogni epoca e in
ogni crisi ci sono stati uomini che si sono opposti , Polito ci ricorda che anche il popolo siciliano ebbe moti di protesta contro i regimi imperanti, per esempio contro Vittorio Emanuele. Occorre tener presente che la leva era obbligatoria e che quando i giovani partivano per la leva partivano per sette anni e per sette anni si levavano braccia alla terra e alla famiglia e sostentamento. Ricorda Polito che suo nonno mezzadro, zappava con la tecnica araba, formando canali che permettessero il passaggio dell’acqua e l’irrigazione della terra.
E in una Sicilia rurale e contadina, il danno e il disagio era profondo e fu questo a dar vita alla protesta che troviamo in questo canto intitolato “Vittorio Emanuele” , che facisti, la megghiu gioventù te la pigghiasti, a Torino la purtasti, Vittorio Emanuele, assassino…” Questo canto drammatico di un forte sapore di ingiustizia, la stessa ingiustizia che segnò in Sicilia il processo dell’unità d’Italia e le speranze deluse conseguenti è stato di forte impatto nel prosieguo della serata quando, prima della lettura delle lettere di Borgese a Mussolini, Gandolfo Librizzi ha disegnato il clima, tramite una toccante pagina di alto contenuto civile, nel quale hanno avuto luogo gli avvenimenti riguardanti, appunto Borgese. Pino Polito ha voluto ideare questo recitativo del memoriale Borgese inserendolo in un clima musicale creando un particolare spettacolo (particolarmente adatto per un uso divulgativo in forma quasi ludica, aggiungiamo noi), per il Festival borgesiano a Polizzi , nel decennale che è stato celebrato quest’anno.
Librizzi afferma che queste lettere dovrebbero essere lette in silenzio,assaporate, parola per parola, in tranquillità, per poterle meditare a fondo. Va sottolineato e segnalato soprattutto ai giovani che non hanno come noi l’esperienza di vita vissuta necessaria. I giovani e non solo essi, aggiungiamo noi, dovrebbero imparare di nuovo ad ascoltare.
Chi è Borgese? Un docente, dice Librizzi, un uomo che rifiutò, diversamente da altri, nel 1931 di prestare giuramento per poter insegnare nelle università italiane. Non era il normale giuramento che ogni pubblico dipendente pronuncia nei riguardi delle leggi dello stato; con esso ci si impegnava non solo ad adoperarsi per educare i giovani in ogni istituto di istruzione fino alle università, ma di formare i giovani come degni cittadini fascisti secondo le direttive del regime. Quale che sia il regime se queste sono le direttive viene meno la libertà e la democrazia. In quell’occasione su 1256 docenti solo 12 si astennero dal firmare con tutte le conseguenze del caso, perdendo la cattedra, restando fra l’altro senza pensione non avendo, quasi tutti, maturato l’anzianità necessaria, andando a incrementare il settore di disoccupazione. Salvemini condanna tutti coloro che accondiscesero, ricordando le parole di Kant “nessuno deve essere servo di nessuno”.
E’ utile affermare che nel corso della storia i no lasciano traccia, molto più dei si. I sì sono, a volte, più semplici.
(Notazioni: quando si parla di sì occorre però tener presente i momenti di vita nei quali sono stati pronunciati. Esistono circostanze da esaminare attentamente. Nella vita di ognuno risaltano contraddizioni e ripensamenti, come lo stesso Borgese ha dimostrato nel corso della sua vita).
Quando fu emanato il decreto, Borgese era in America e non gli fu chiesto di giurare, in seguito gli fu rinnovata l’autorizzazione a permanere in America per insegnare, e in realtà il comportamento del regime disegnò per Borgese una situazione atipica che molti esuli in America e oppositori, definirono ambigua chiedendo e chiedendosi perché si riservava questo trattamento di favore ad uno solo, rispetto ai dodici che non firmarono? In realtà Borgese stesso si chiede dopo la prima lettera inviata, il 18 agosto 1933 e la seconda il 18 ottobre del ’34, e precisamente negli appunti della seconda, come mai la sua situazione permanga immutata dopo l’invio della prima lettera: o i signori del regime non hanno capito o egli incute paura. Le sue lezioni, infatti, sono affollate malgrado l’interruzione in seguito a invasioni di elementi ostili, alla vigilia della sua partenza per l’America, fatto deprecato dallo stesso Mussolini.
In realtà, non ci fu mai una presa di posizione pubblica contro il Fascismo, da parte di Borgese durante la sua permanenza in Italia, tuttavia non era neanche schierato a favore, era in una posizione isolata, anomala in Italia dove non esistevano vie di mezzo tra fascismo e antifascismo; Borgese non apparteneva né alla posizione crociana, né a quella della sinistra dei partiti, essendosi ritirato dalla politica dai tempi della I^ guerra mondiale quando aveva occupato una posizione di primo piano. Tuttavia nella sua casa manteneva un cenacolo che accoglieva studenti che avrebbero in seguito occupato posti di primissimo piano nella cultura italiana fra gli intellettuali antifascisti e, più avanti, nella Resistenza. Fu reintegrato nella cattedra nel 1948. Ebbe come allievo Vitaliano Brancati che divenne suo amico e nella corrispondenza intercorsa mentre era in America lo esortava a firmare. Borgese rispose l’8 luglio del 1933: Qualunque cosa è stata la mia vita essa è stata una testimonianza di dignità e di ragione. Non mi fingerò fascista a 50 anni sonati. Non credo degno della destinazione umana esprimere un pensiero falso o mutilato Potrebbe darsi che io mi dovessi trovare davanti all’alternativa di rovinare la mia vita o di corrompere l’anima. In questo caso, Lei che mi vuole bene dovrebbe consigliarmi di scegliere l’anima. Forse questa lettera le spiacerà ma la riponga tra le Sue carte e aspetti a giudicarla a dieci anni.”
Dal memoriale di Borgese: E’ possibile senza perdere la propria coscienza vivere in un regime contrario alla propria coscienza?
Date a Cesare quel che è di Cesare ….Rendete a tutti quel che dovete loro l’imposta a chiunque dovete l’imposta il tributo a chi dovete il tributo il rispetto a chi dovete il rispetto l’onore a chi dovete l’onore….
Si dipana così il percorso illustrato da Librizzi, il tormento interiore dell’uomo mai interpellato sul giuramento da pronunciare che cerca spesso dal ’31 in poi di farsi ascoltare e quando gli si chiede di proferirlo e di iscriversi al partito, la lettera diretta a Mussolini è già partita col suo rifiuto.
Borgese accetterà di insegnare per l’anno ’33/’34 soprattutto per mantenere alto il nome e il livello della cultura italiana all’estero, ma persiste nel diniego.
(Notazioni 2 : occorre ricordare che esiste un Manifesto degli intellettuali fascisti a cui si oppone un corposo Manifesto degli intellettuali antifascisti).
La lettura delle lettere continua, la serata si conclude.
Sorge spontanea la questione: perché la maggior parte di qualificati e qualificanti episodi in forma di spettacolo, tema questa serata, e che attengono al campo storico, alla legalità,e non a mere storie di facciata, restano privilegio di altri paesi madoniti ? Si tratta di storia, valori, esempi da conoscere e serbare a futura memoria.
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