Dicembre 1999 - personale di Anna Maria Miccichè

Ritratto di Giuseppe Maggiore

5 Dicembre 2013, 10:36 - Giuseppe Maggiore   [suoi interventi e commenti]

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DICEMBRE 1999 – personale di Anna Maria Miccichè


Apoteosi del genere umile scandito nella dimensione del reale, questa personale naif della pittrice Anna Maria Miccichè, offerta al pubblico sotto l’insegna di “Un Natale da favola”, qui, alla Corte delle Stelle, appunto nel Dicembre del 1999 (donde il titolo del presente); mostra da me  recentemente visionata a posteriori grazie a un DVD dalla Stessa prestatomi, a suo tempo realizzato in occasione dell’evento con competenza e dovizia di particolari da Stefania Barranco Valenziano.

Genere “umile”, aggettivavo, dove “umile” sta per “semplice”, “genuino”, “non artefatto”, “sincero”, “veridico” e consimili appellativi;  ma mai “elementare”.

L’artista, perché tale è (maestra di pennello e di scenografia, nel nostro caso), affonda le sue più riposte radici professionali e culturali nella radiosa visione di un’infanzia fiabesca, gioiosamente   assimilata e vissuta, che condiziona e permea le sue scelte tematiche dentro le quali alitano i suoi immaginari personaggi.

Almeno da ciò che mi è dato di desumere dai dipinti proposti, a parte il fatto che io conosco l’autrice da tempo ed ho apprezzato e apprezzo sempre le sue qualità e il suo modus operandi.

Un’altra figura cefaludese, quindi, instancabile, votata alla teoria del “fare”, che non sa starsene con le mani in mano, come si dice, ma che “vive” artisticamente la sua giornata esistenziale nella sfera della esplicata operosità.

In tal contesto Ella si inserisce di diritto nella preclara fioritura di pittori di cui mena vanto la nostra città, fioritura che annovera nel suo ambito nomi rappresentativi come Giuseppe Forte, Anna Forti, Ignazio Camilleri, Franco D’Anna, Giovanni Di Nicola ed altri.

E così: “Biancaneve e i nani”, “Cenerentola e il principe”, e la “venefica strega”, “Cappuccetto rosso e il lupo” e “La bella addormentata nel bosco” in attesa del casto bacio salvifico del principe che la risvegli a novella radiosa vita, effemeridi scandite da un’alternanza tematica in cui i concetti di bene e di male s’intersecano reciprocamente senza mai sovrapporsi o eludersi (alternanza supportata e definita graficamente con policromi toni chiari e scuri sapientemente dispiegati in visioni di spettacolari albe e policromi tramonti, di cerulei mari e fosche montagne, di sterminate pianure e intricati boschi, sinonimi, questi, mutuati dall’esistenziale fantasioso intimo humus dell’artista ed espressi in un vivace vortice fantasmagorico di colori tenui profusi con attenta manualità), effemeridi, dicevo, che attestano una valenza creativa spontanea e prorompente, non condizionata da mode e manierismi di tendenze culturali spesso in alcune nature addirittura inficianti.

Tali vedute adombrano l’ambita panacea dove l’inventiva si libra e si rifugia evidenziando e difendendo i reconditi sentimenti più immediati, più palesemente sinceri e profondi.

    E, ancora: scoiattoli in amore che si guardano teneramente, l’elefantino Dumbo che “starnazza”, la gazzella che osserva con estrema dolcezza gl’implumi uccelletti nel nido e gli amorini in atteggiamento elegiaco che inneggiano alla gioia, dislocati con sapiente regia nell’atrio della struttura ospitante e gnomi e cagnolini dagli occhi espressivi in elegiaco atteggiamento; e poi: cani, uccelli, dinosauri, vertebrati e invertebrati e la colomba che poggia sul braccio disteso di Biancaneve realizzata a grandezza naturale, sono tutti fantasiosi personaggi ideali immersi in una dimensione onirica in cui l’Eden,  felicemente ed efficacemente effigiato, fa da contorno.

Pregevolissima, appunto, la scenografia di questo incantevole microcosmo favolistico, curata  nei minimi dettagli, con l’acqua del ruscello che effettivamente scorre nella realizzata brughiera creando degli effetti visivi di impareggiabile impatto.

E Topolino e il gatto Silvestro e le papere, armoniche e plastiche figure di una prisca età, stanno lì a significare che gli estrosi gusti dell’autrice non sono per nulla mutati nel tempo ma permangono stabili in un presente per quanto in toto diverso.

Il mondo disneyano è riproposto con una sensibilità partecipe ai piccoli o grandi moti dell’animo esemplificati in espressioni grafiche di rara finezza, coinvolgenti e degne di ogni attenzione.

E rane e abituri ricavati in fiabeschi funghi e fiumi argentei alle cui rive curiosi gnomi modellano la propria esistenza incantata popolando contrade e pianori dove sullo sfondo si ergono mirabolanti castelli medievali dalle svettanti guglie; e ancora cigni maestosi solcano limpide acque e simpatici calimeridi  ispirano flussi di affettiva natura e le nuvole hanno pure un viso e Peter Pan mostra il sorridente sembiante inducendo a giovanili cogitazioni.

L’immaginario dei fratelli Grimm, di Andersen e di tant’altri evocatori di dorati sogni è qui pure radicalmente presente.

“Alice nel paese delle meraviglie”, insomma!

Ciò che maggiormente  colpisce è l’espressione umana di tanta varietà animale: che so, i gatti che si guardano di sottecchi, come sopra accennato, un’analoga coppia, verosimilmente innamorata, che tiene in bocca lo stesso filo di lana quasi per complice intesa; e tanti altri momenti di fiabesca vita quotidiana esemplarmente effigiata.

Ciò inequivocabilmente denota l’estremo amore che l’autrice nutre per questi esseri e l’inesauribile inventiva che vi profonde.

In un’era come la nostra in cui il cattivo gusto spesso predomina, l’iperuranio di Anna Maria Miccichè rappresenta il classico diamante perduto e fortunosamente ritrovato, l’oasi lussureggiante in cui far tappa per abbeverarsi alla fonte di una ritrovata serenità: il suo è un universo gaudioso stemperato in una bomboniera di cristallo dove re e regine, gnomi e animali si muovono in simbiosi con la natura stessa che li circonda.

Anna Maria si libra nel panorama delle sue creazioni con l’elegante gazzelliana leggerezza che  lei ha trasfuso nei suoi incantevoli personaggi, vivendoli nella libera dimensione del suo inesauribile estro.

Ma le sue originali creazioni non si limitano solo ai temi in precedenza trattati;  Ella è ideatrice e realizzatrice anche di originali piccole formelle di gesso, tagliate a cuore, a quadretto, a libro, opportunamente brevettate, che soffonde di un roseo albale e su cui trascrive delle dediche singolari (alla madre, al padre, ai nonni, ai figli, ai fratelli, ai fidanzati, agli amici, ecc.), personalizzabili a richiesta, che inneggiano ai sentimenti affettivi più sinceri  e profondi;  con estrema eleganza calligrafica propone anche delle massime e dei proverbi, frutto di personale sentimentale intuizione e di atavica popolare saggezza.

Son da notarsi, infine, i caratteristici architettonici presepi che nel periodo natalizio, al pari della stilista Tilde Coco,  appronta su richiesta di organismi religiosi.

Il suo laboratorio-negozio, situato nella parte inferiore di questo Corso Ruggero, è sempre in instancabile ed alacre fibrillazione creativa, un bazar dove l’apparente disordine è regolato da un preciso binario fattivo; in esso Anna dispiega il suo stile che scaturisce da una linfa pura che rifugge, come sopra accennato e qui ribadito, da ogni condizionamento culturale o di maniera e che diserta ogni scolastico schema o teorema prefissato.

Questo suo eclettico manifestarsi attraverso tutto ciò che fà, quasi per un’esigenza liberatoria (notazione comune ad altri autori) è precipua caratteristica del suo animo sensibile e della sua  prorompente fantasia.  

Grazie a lei, alla sua pazienza, al suo estremo interesse per tutto ciò che la circonda,  per tutto ciò che è arte, grazie alla sua affabile operosità si è in grado di soffermarsi a considerare delle piccole cose (retaggio di un’esistenza semplice) che altrimenti passerebbero inosservate, rispolverando desueti sentimenti e arcani pensieri.       

Cefalù, Dicembre 2013.                                                                                                                                                   Giuseppe Maggiore

P.S. L'immagine del sommario è tratta dall'Archivio Fotografico Cefaludese del Mandralisca:  www.arkefa.it, le foto del testo sono di proprietà dell'Autrice.