30 Luglio 2012, 08:54 - Angelo Sciortino [suoi interventi e commenti] |
Fotografie di Pino Lo Presti
Ancora il Mandralisca e la sua Terrazza, luogo di straordinari incontri. Come quello di sabato sera, patrocinato dal solito benemerito Manlio Peri, che del Mandralisca è l'anima, e il non meno benemerito Salvatore Marsala, editore per passione, visto che, dove si legge poco, con l'editoria si guadagna ancora meno di poco. Grazie a lui, però, l'altra sera ho scoperto che Cefalù ha una grande scrittrice: Enza Vazzana.
Il suo In buona fede è un bel libro. Solamente un bel libro? No, è molto di più che un bel libro. L'esser bello gli deriva dalla scrittura piana e lieve, corretta come lo è quella di chi racconta come se il racconto, costruito prima nella mente e nel cuore, sgorgasse poi fluente dalle labbra o dalla penna.
Il libro è più di un bel libro, perché ha un suo messaggio, che non gli deriva dall'argomento, ma dalle riflessioni dell'Autrice, suscitate dall'argomento stesso. Esso è soltanto il duro marmo, che le sue mani e le sue idee trasformano in un Davide.
Non a caso ho usato questa metafora, perché le pietre hanno in questo romanzo una presenza continua. Sono la pietra della Rocca e quelle bagnate dal Cefalino nel lavatoio medievale; sono quelle sdrucciolevoli delle strade percorse dalla protagonista e quelle dei palazzi, con i portali in lumachella. Sono anche le pietre dei cuori induriti degli uomini, che hanno in questo romanzo una parte secondaria, quasi confinata in un angolo dell'ignavia, contrapposto al mondo vivo e sofferto della protagonista, una giovane donna vedova e con un bambino da mantenere. E per riuscirci, vende la sola cosa che ha da dare: il suo latte materno. Lo darà a un bambino, che vive nella casa di Crowley. Fin dal primo incontro quest'uomo, biasimato e temuto come satanista, mostra invece alla giovane balia tutto il sentimento umano del quale è capace e il suo interessamento per il bambino. E questa è la ragione per cui ella ne prende le difese di fronte a un pubblico, che giudica senza sapere.
Ma attenzione, a prenderne le difese è l'Autrice e lo fa per affermare quella verità, che in un paese in cui la realtà non ha tante sfaccettature, ma è la convinzione unica e superficiale di piccole menti. Quasi un atto di coraggio, il suo, che la eleva al livello di Fernando Pessoa, che di Crowley prese le difese proprio negli anni in cui la verità era unica in gran parte d'Europa ed era la verità dei Salazar, dei Mussolini, degli Hitler, che se ne dichiaravano i depositari indiscussi e indiscutibili.
Una difesa della libertà di ogni uomo di ricercare la sua verità, come la ricerca con modestia e semplicità la protagonista del bellissimo romanzo di Enza Vazzana. Un romanzo, quindi, che va sicuramente oltre; un romanzo che è un inno alla dignità umana, un inno al quale l'Autrice presta la sua grande abilità a utilizzare un linguaggio piano e semplice, ma nello stesso tempo carico di profondi significati. Si pensi, un esempio per tutti, alle prescrizioni precise e puntuali dati dal diabolico uomo alla giovane balia, oppure alle riflessioni della protagonista, con le mani immerse nelle acque del Cefalino.
Viene spontaneo chiedersi: dove si era nascosta finora una simile intelligenza? Perché questo messaggio era rimasto nascosto?
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