Cefalù, esiste ancora lo Stato di diritto?

Ritratto di Angelo Sciortino

23 Novembre 2021, 16:59 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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È sempre più abituale l’incapacità dell’attuale pletorica e anomica legislazione italiana di garantire la certezza del diritto, in cui ormai il cittadino rimane irretito, perché spossato e inerme, visto che la certezza di garantire lo Stato di diritto è più un’aspirazione utopistica che un’effettiva declinazione dei dispositivi costituzionali, i quali vengono continuamente compromessi con l’elusione, o, peggio ancora, con la violazione dei principi inviolabili che sono alla base della principale fonte della gerarchia delle fonti del nostro diritto, la Costituzione. In questa costante incertezza del diritto, sale alla ribalta della cronaca l’impotenza giuridica di tutelare il Diritto civile come il diritto della proprietà o del possesso, tanto quanto di garantire il Diritto penale, come la certezza prima della sentenza e poi della pena. Tutta questa imperitura e caotica anomia rende ormai urgente una riforma della Giustizia.

E di questa anomia, di questa mancanza di norme, prima etiche e poi legislative, ne sa molto Cefalù, che da anni si ritrova con un Sindaco imputato in forza di un chiaro rapporto della Polizia, che i giudici considerarono degno di fede, per cui decisero di rinviarlo a giudizio e di imporgli inizialmente l'obbligo di firma. Eppure dopo anni i cittadini perbene non sanno ancora se a rappresentarli c'è un uomo perbene come loro o no e rimangono irretiti e spossati. Questo non significa che essi lo ritengano colpevole, ma aspirerebbero che il loro sindaco si dimostri superiore a ogni sospetto.

Certamente una sentenza chiarirebbe tutto, ma sarebbe stato e sarebbe auspicabile che in attesa di questa lentezza ad arrivarvi l'imputato, mostrando rispetto per i suoi cittadini, rinunciasse con le dimissioni al suo ruolo istituzionale. E invece non lo ha fatto né lo fa; anzi, lo esercita in maniera discutibile, come dimostrano i numerosi ricorsi presentati alle Autorità Giudiziarie, conclusisi con la condanna del Comune al pagamento sia delle spese e sia del risarcimento in favore dei ricorrenti.

I cittadini, perciò, rimangono irretiti e spossati, perché impauriti dal considerare il loro sindaco troppo potente per le sue aderenze perfino laddove si amministra la Giustizia, per cui ogni protesta rimarrebbe inascoltata. Ma non è così. La verità sta nella premessa a questo intervento: urge una riforma per vincere le incertezze del diritto.