Il porto, il contesto paesaggistico-ambientale e la sabbia di Prissuliana

Ritratto di Saro Di Paola

29 Agosto 2015, 09:39 - Saro Di Paola   [suoi interventi e commenti]

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Se, nel Bel Paese, le Soprintendenze ai beni paesaggistici fossero esistite già nel 1100 dopo Cristo, strutturate come sono strutturate da più di mezzo secolo, Ruggero II, per realizzare la Cattedrale di Cefalù, avrebbe dovuto chiedere il parere di competenza sul progetto dell’Architetto al quale si era rivolto.
Se Ruggero II tale parere avesse dovuto chiedere, difficilmente, assai difficilmente, nel 2015 quel capolavoro di Architettura, sarebbe stato annoverato tra i beni dell’UNESCO.
Quel capolavoro, infatti, non esisterebbe.
La Soprintendenza avrebbe bocciato il progetto con un parere, che, facilmente, assai facilmente, avrebbe avuto il seguente tenore:
Troppo alte le due torri e troppo imponente l’architettura del complesso: dal mare e dalla terra ferma, offendono la vista delle pendici della Rocca e sono assolutamente estranee alla natura dei luoghi ed al contesto urbano e paesistico nel quale andrebbero ad inserirsi.”

Se poi, le Soprintendenze fossero esistite, anche in Egitto, già nel 2500 avanti Cristo, facilmente, assai facilmente, la stessa sorte sarebbe toccata alla piramide di Cheope.

La Soprintendenza ne avrebbe bocciato il progetto con un parere che, facilmente, assai facilmente, avrebbe avuto il seguente tenore:
“La regolarità, statica e rigida, della geometria della piramide è assolutamente estranea alla natura dei luoghi ed al contesto paesistico nel quale andrebbe ad inserirsi caratterizzato dalla irregolarità, variabile e sinuosa, delle dune”.

La sorte che non toccò ai progetti di Cheope e di Ruggero II, nel 2008, è toccata al progetto del porto di Cefalù, che, per le ragioni di cui dirò, finì per l’essere chiamato “progetto Botta”.

Premettendo i due periodi ipotetici dell’impossibilità al fatto realmente accaduto nel 2008, non ho inteso, neanche minimante, mettere sullo stesso piano o accostare Architetture e Uomini, che accostabili non sono.
Ho voluto, soltanto, sottolineare quanto sarebbe potuto accadere, quanto può accadere e, purtroppo, accade, quando è il parere del singolo a decidere il destino di un’opera.
Quando la Legge dà la valenza di sentenza della Corte di Cassazione ad un parere, che, invece, altro non è se non espressione della soggettività di chi lo detta.
Una soggettività, spesso, legata alle condizioni del momento nel quale il parere viene espresso ed, altrettanto spesso, legata, agli umori, alle speranze o alle aspirazioni carrieristiche, a volte deluse, di chi quel parere è chiamato ad esprimere.
Al riguardo la “storia” dei pareri della Soprintendenza sul progetto di messa in sicurezza e di completamento del “porto” di Prissuliana è di quelle emblematiche.

Il primo parere della Soprintendenza sul progetto di massima degli ingegneri Crisà e Spina è datato 30 gennaio 2003.
Fu “parere favorevole di massima” e la planimetria generale delle opere previste era la seguente:

Il parere era favorevole a condizione
- che le costruzioni a terra a supporto dell’attività diportistica fossero di contenute dimensioni … e sormontate da vegetazione mimetica che le occulti sia da mare che da terra in tutto o in parte.
- che il dragaggio dello specchio ….
venisse effettuato in modo tale da riutilizzare la sabbia scavata per il ripristino e in parte l’ampliamento della ormai erosa spiaggia di Presidiana.
- che
fosse dimezzata la lunghezza del pontile che fronteggia la sopraccitata spiaggia distribuendo eventualmente i posti barca numericamente inibiti a tutti gli altri pontili.
- che si limitasse al minimo l’impatto visivo dal mare da attribuirsi all’effetto barriera della diga di sottoflutto , mantenendone in altezza contenute dimensioni compatibilmente con la sua funzionalità.


Solo a considerare che, ancora negli anni 50, la linea di battigia dell’arenile di Prissuliana

era quella, che, con un minimo di approssimazione, ho segnato in rosso nelle foto che seguono

     

ci si rende conto facilmente, assai facilmente, della assoluta infondatezza del presupposto della seconda delle condizioni elencate nel parere.

Contrariamente a quanto scritto dalla Soprintendenza la spiaggia di Presidiana non è “oramai erosa”.
L'arenile di Presidiana ha avanzato la sua linea di battigia.
E di molto.
Nel primo tratto a partire dalle pendici della Rocca, addirittura, di circa 100 metri.

Una infondatezza del presupposto talmente eclatante da sminuire, e da sola,  la valenza paesaggistico-ambientale delle condizioni elencate nel parere favorevole di massima.
A
mmesso che quel parere una valenza avesse avuto ed avesse.

Autentica perla del bla bla bla è la vegetazione mimetica che sormontando le costruzioni avrebbe dovuto occultarle, in tutto o in parte, sia dal mare che da terra. 
A proposito viene da pensare che l'antica tonnara che fu la prima costruzione che venne realizzata nella baia e che, per decenni e decenni, ha fatto mostra della sua originaria architettura.
Sia da mare che da terra.


Perla del non senso è, invece, l’avverbio, compatibilmente, che, nella sostanza, privava di valenza l’ultima delle condizioni.

Nel corso degli incontri tra i tecnici del Comune e quelli della Soprintendenza, che furono propedeutici al rilascio di tale parere, l’Amministrazione accolse il suggerimento informale della Soprintendenza di avvalersi della collaborazione di un architetto, per curare gli aspetti architettonico-ambientali della progettazione definitiva.

L’Amministrazione decise di avvalersi dell’Architetto svizzero Mario Botta.
Uno dei grandi Maestri dell’Architettura contemporanea.
Da quel momento, per la chiarissima fama dell’Architetto, il progetto del porto di Cefalù voluto dal Sindaco Vicari, finì per essere chiamato “progetto Botta”.

Di seguito il primo parere sul progetto Crisà-Spina che la Soprintendenza espresse il 30 gennaio 2003

(continua)

Saro Di Paola, 29 agosto 2015

(la foto della cartolina “CEFALU’ – Caldura” è stata pubblicata da Domenico Brocato sulla pagina facebook “Foto storiche Cefalù”)

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Commenti

Caro Saro, ottimo intervento. A conclusione delle tue giuste e corrette riflessioni manca ancora l'atto definitivo: che, cioè, le soprintendenze come novelli strumenti di un fondamentalismo alla Jiad ordinino di abbattere tutto ciò che non vanta concessioni edilizie comunali e approvazioni della stessa Soprintendenza, come appunto la Cattedrale di Cefalù.

Noi due sappiamo bene chi erano in soprintendenti (suprastanti) nelle antiche masserie siciliane fino ai primi del '900. Erano uomini che facevano le veci del padrone, per assicurare il buon andamento della masseria. Con il tempo, non avendo una sensata preparazione sugli aspetti dell'attività agricola ed essendo assente il padrone (nel nostro caso il Comune e i cittadini), essi si trasformarono ben presto in tanti Calogero Sedara di lampedusiana memoria.

Mi chiedo, a questo punto, che bisogno c'è in questo caso di suprastanti, se i cittadini padroni hanno la possibilità di controllare direttamente l'andamento dell'attività edilizia? Per di più, mentre il padrone è in azienda, i suprastanti sono lontani e assenti.

Non poteva andare peggio a questa povera Sicilia!