Don Lorenzo Milani... qualche giorno dopo

Ritratto di Giuseppe Riggio

1 Giugno 2023, 18:50 - Giuseppe Riggio   [suoi interventi e commenti]

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Don Lorenzo Milani... qualche giorno dopo

La mia malattia mi ha reso lento e arrivo spesso in ritardo.

 

Il 27 maggio è stato commemorato il centenario della nascita di don Lorenzo Milani ed io intendo onorarlo con questo ricordo che ritrovo tra le mille mie cose scritte e che aggiorno.

Il 20 giugno 2017, Papa Francesco  visitò  Bozzolo e  Barbiana per onorare due giganti della Chiesa pre-conciliare e in qualche modo proporne l’attualità. L’occasione ha suscitato in me ricordi e riflessioni sulla natura di questa madre-matrigna che nel tempo è stata la Chiesa cattolica nei confronti di tanti suoi  figli, apparentemente anomali ma radicalmente autentici, che certamente non l’amavano meno di tanti Vescovi, Cardinali e Papi che la governavano.

Don Primo Mazzolari (1890-1959) e don Lorenzo Milani (1923-1967) operarono fino all’inizio della seconda metà del secolo scorso. Don Primo sotto i Papi Pio XI e XII e solo per 1 anno Giovanni XXIII, don Lorenzo sotto Pio XII, Giovanni XXIII e Paolo VI.

Di Don Primo: “Lui  aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro. Così ha sofferto lui e abbiamo sofferto ANCHE NOI. Questo è il destino dei profeti” (Papa Paolo VI).

Quel Noi esprime solo la sensibilità e l’ecclesiologia nuova di  Giovanni Battista Montini, che ad arte fu allontanato dalla Segreteria di Stato e nominato Arcivescovo di Milano, dove, lui sì, invitò don Primo a predicare per la Missione in Città; mentre dovette arrivare Giovanni XXIII perché don Primo fosse ricevuto da un  Papa che, nella sua scherzosa bonomia, lo definì ‘tromba dello Spirito Santo in terra mantovana’.

Quel Noi non va certo riferito a Pio XII né tanto meno al Cardinale Ottaviani, Prefetto del Sant’Uffizio, soprannominato ‘carabiniere di Dio’; quel Sant’Uffizio  che nella continuità dottrinale ha mantenuto la Chiesa nella prima metà del ‘900, fin dall’anti-modernismo di Papa Pio X, arroccata in difesa della ortodossia in atteggiamento ancora antiriformista, come se da Lutero e dal Concilio di Trento non fossero passati oltre tre secoli. E generalmente non si trattava della ortodossia nei confronti del depositum fidei, tanto è vero che nello stesso periodo nessuno venne dichiarato eretico, ma del mantenimento della sua interpretazione storicamente datata negando ogni apertura pastorale nei confronti di una cultura e di una società che viceversa si aprivano a grandi trasformazioni; della difesa del principio d’autorità che mortificava le coscienze ed era  espressione di un integralismo religioso che fece piangere molte persone in nome della esclusività del possesso della verità.

Strada facendo, fu condannato ‘La più bella Avventura’ di Primo Mazzolari (1935), fu vietato a Padre Yve Congar di pubblicare i suoi scritti dopo avere ritirato la sua prima opera sull’Ecumenismo, ‘Chrétiens désunis’ (1938), fu vietata la lettura delle opere di Teillard de Chardin, soprattutto dopo l’Enciclica Humani generis del 1948 a condanna della dottrina dell’evoluzione della specie; fu apertamente osteggiata la Nouvelle Thèologie del gruppo di teologi attorno ad Henri de Lubac, fu vietato a don  Primo di predicare fuori dalla Diocesi e di scrivere (1954), venne ritirato dal commercio ‘Esperienze pastorali’ di Don Lorenzo Milani (1957) che subito dopo fu mandato in isolamento a Barbiana.

Di Lui ho ricordi personali indiretti, non ebbi infatti la fortuna di incontrarlo perché anche allora   arrivai in ritardo.  Avevo letto la ‘Lettera ad una professoressa’ (1965) e ne ero rimasto entusiasta. Il pedagogista Aldo Visalberghi lo definì ‘capolavoro della Pedagogia del '900’.

Lessi che nel 1964 don Lorenzo era stato denunciato per apologia di reato per avere scritto in difesa degli obiettori di coscienza. Lo accusavano i suoi confratelli, ex cappellani militari della Toscana. Mi venne spontaneo inviare un biglietto di solidarietà; ricevetti una cartolina. nella quale mi si ringraziava e mi si diceva che don  Lorenzo  era in ospedale gravemente malato, ci tenevano però ad incontrarmi al Palazzaccio di Roma dove da lì a poco si sarebbe celebrato il processo.Vi andai, incontrai i ragazzi, assistetti alla prima udienza: lo difendeva il grande Avvocato Gatti. Dopo tante udienze don Lorenzo fu assolto!

La proposta educativa di don Milani è una mera utopia, socialmente irrealizzabile, ma capace di trasformare la cultura diventando motivazione di nuova  Weltanschauung, perfettamente come la più grande utopia che professiamo: Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli. L’utopia è il motore della Storia. 

I modelli educativi della lettera ad una professoressa e in generale la dottrina educativa di don Milani trovarono utopica applicazione innanzitutto nella Legge n. 517/77, riforma di vero indirizzo della Scuola Italiana dopo l’ancora più importante L. n. 1859/62 che aveva innalzato l’obbligo scolastico ai 15 anni: centralità dell’alunno, programmazione, inserimento degli alunni portatori di handicap, valutazione, annunzio dei nuovi Programmi della Scuola media che usciranno nel ′79. Della stessa ispirazione saranno informate la riforma della Scuola elementare dell’85 e della Materna nel ′91. Nella verità, tutti ‘tirarono don Milani per la giacchetta’, ne fecero un simbolo, personaggio da commemorare... perché poi alla fine la scuola doveva essere altra cosa.

Al di là delle cennate intenzioni vere di Papa Francesco, nessun Governo lo prese sul serio come nessuna Chiesa locale italiana commemorandone il 50° della morte seppe esprimerne il vero valore. Nella Cattedrale di Cefalù, per esempio, venne proclamato campione di obbedienza ( ed è vero) ma non venne detto che Lui aveva insegnato ai suoi ragazzi la morte della obbedienza sociale.

Perché la Scuola italiana non ha nulla di Don Milani? La risposta è lapalissiana: i politici l’hanno sempre considerata una palla al piede e mai valutata nella giusta funzione. Fin dagli anni ’60 la scuola è stata vista come luogo privilegiato per risolvere il problema della disoccupazione intellettuale, senza mai occuparsi dei criteri qualitativi di assunzione, perché è ovvio che nell’azione formativa non bastano i diplomi e le lauree, ma sono assolutamente necessarie attitudini relazionali qualificate: come può un docente essere misantropo, irascibile, pessimista, incapace di comunicare gioia e serenità, capace solo di atteggiamenti punitivi...? Quanti ce ne sono? E gli stessi docenti tra di loro ne parlano, ahumma, ahumma...!

Intanto nella scuola l’unico assente è l’alunno perché  l’organizzazione è solo a vantaggio e comodo degli insegnanti: dall’orario delle lezioni alla difesa dei diritti sindacali, dall’organizzazione dei viaggi d’istruzione alla scelta dei ponti e delle festività soppresse, dal carico dei compiti al peso delle cartelle. L’alunno è l’unico costretto a lavorare nei giorni di festa, anche se una vecchia circolare  vieta l’assegnazione di compiti per le feste.

Cari ex colleghi, io Vi voglio bene, anche se non ci credete pur avendolo sperimentato, ma amo di  più i ragazzi.

                                                                           Giuseppe Riggio