Turismo e commercio a Cefalù

Ritratto di Angelo Sciortino

31 Maggio 2020, 12:43 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

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Con le migliori intenzioni, si possono fare grandi danni. Durante la crisi del coronavirus, coloro che hanno parlato in favore dell’approccio “io resto a casa” e di ridurre – o fermare del tutto – il lavoro e di restringere l’ambito di azione dei negozi di beni di consumo allo scopo di assicurare l’applicazione del “distanziamento sociale” per rallentare il diffondersi del virus, hanno accusato i loro oppositori di curarsi di più del mantenimento degli standard di vita che del “salvare vite”. Ma non si possono “salvare vite”, se le persone non sono messe nelle condizioni di produrre e di lavorare, attività senza le quali non possono essere soddisfatti i desideri e le necessità di alcun membro della società.

Stando a sentire quello che dicono tanti politici e molti cosiddetti “commentatori politici”, ed anche alcuni “economisti”, potete tranquillamente mandare al diavolo – come se non fossero mai esistiti – 250 anni di pensiero economico. Una delle più vecchie fallacie economiche è che la moneta sia equivalente alla ricchezza; ossia che se create dei pezzi di carta, ci mettete sopra qualcosa che somiglia a un sigillo governativo e dite che quella sia “moneta” (avendo anche cura di diffonderla presso tutti i membri della società); in tal modo riuscirete a far apparire dal nulla materie prime ed altre forme di ricchezza.

La “risorsa primaria in assoluto” è l’essere umano in sé stesso, con la sua creatività insita nella mente delle persone, assieme a una risoluta determinazione al lavoro, al risparmio, all’investimento e alla produzione per creare – nel corso del tempo – la prosperità ed il benessere che noi chiamiamo “civiltà”.

Insomma, abbiamo dimenticato che la produzione viene prima del consumo. E a Cefalù tale dimenticanza è ancora più grave. Il suo territorio è troppo piccolo per pensare di ricavare ricchezza dall'agricoltura; il suo artigianato è quasi scomparso; rimangono soltanto il turismo e il commercio. Il primo, però, deve superare il problema della crisi della pandemia da coronavirus, che purtroppo dipende dalle scelte politiche, che finora si sono dimostrate capaci soltanto di creare pericolosi allarmismi, che rallentano l'attività turistica. Il commercio, legato a filo doppio con questa attività, ne segue la crisi.

Gli imprenditori turistici, con Giuseppe Farinella in testa, tentano in tutti i modi d'infondere speranza di ripresa, dimostrando un impareggiabile ottimismo; lo stesso fanno i commercianti, riuniti nell'associazione ARCOM Cefalù, che giorni addietro ha indetto una manifestazione dei lavoratori stagionali per sollecitare l'Amministrazione a prendere idonee iniziative a sostegno del commercio e del turismo.

Sembra, però, che l'Amministrazione preferisca continuare nella posa di ostacoli a coloro che, legati alla speranza e all'ottimismo, vogliono ancora investire su Cefalù. Ad alcuni alberghi sul Lungomare non si nega, ma si ostacola, l'uso balneare della spiaggia; si pensa con spirito d'accattonaggio di sfruttare le strisce blu per rendere più costosa la permanenza a Cefalù dei turisti; si abbandona il suo entroterra agli incendi, perché non se ne ha cura.

L'elenco potrebbe continuare per pagine e pagine, ma sarebbe inutile, finché non ne avranno coscienza tutti i cittadini; tutti, uniti e consapevoli della loro forza. Se ciò avverrà, vincerà la Cefalù Perla del Tirreno e perderanno coloro che negli anni l'hanno mortificata e continuano a mortificarla. Se però permetteremo ancora che impunemente l’obiettivo dell'Amministrazione non sia far funzionare il paese, ma mantenere il potere anche a costo di farlo colare a picco, allora ecco crollare anche ogni speranza per il futuro.

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