La Buona Scuola

Ritratto di Rosario Fertitta

6 Aprile 2019, 18:02 - Rosario Fertitta   [suoi interventi e commenti]

Versione stampabileInvia per email

LA BUONA SCUOLA

 

Dicono che l’Italia sia la culla del Diritto.
Chissà quante volte ci siamo imbattuti in questa frase considerandola, troppe volte, quasi scontata.
In realtà, in questo Paese di scontato non c’è nulla.
Soprattutto in materia di diritti e Diritto.
Mi riferisco alla questione del riconoscimento, ai fini della procedura di “mobilità”, del punteggio maturato dagli Insegnanti per il servizio prestato nelle scuole paritarie.
Una vergogna tutta italiana che ho imparato a conoscere non tanto per la mia professione (mi occupo, professionalmente, di altre branche) quanto perché marito di una Insegnante “vittima” di questa perversa interpretazione del Miur (e, quindi, del Ministero).
La ben nota Legge n. 107/2015, mediaticamente conosciuta come “Buona Scuola” (fortemente voluta da Renzi e dal suo Governo) consentì a decine di migliaia di Insegnanti di essere assunti, a tempo indeterminato, ponendo fine a penosi decenni di “precariato” che impedivano pianificazioni e/o programmazioni familiari e di vita.
A dire il vero non fu, nemmeno, una opzione quella offerta dal Governo perché, sostanzialmente, il progetto iniziale era senza alternativa: o si sceglieva l’assunzione a tempo indeterminato o, entro 3 anni, si rischiava di rimanere, per sempre, a casa perché le “graduatorie ad esaurimento” sarebbero state eliminate e, comunque, non sarebbero stati conferiti incarichi per più di 3 anni in ossequio alle disposizioni europee che vietavano il reiterarsi di contratti a tempo determinato.
Ovviamente, di fronte a tale scelta, gli Insegnanti “scelsero” tutti (con percentuali bulgare) di transitare verso un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Si innescò, in tal modo, uno dei più grandi esodi di massa che – per esigenze lavorative – si ricordi in Italia.
E, ancora ovviamente, il flusso migratorio interessò una stragrande maggioranza di Insegnanti del Sud verso le destinazioni scolastiche del Nord.
Vivere in Italia, però, comporta anche l’assunzione di quel rischio secondo il quale ciò che oggi è certezza, domani diventa incertezza.
Ed infatti, è avvenuto che quei pochissimi Insegnanti che – per motivi irrazionali – avevano rifiutato il passaggio all’indeterminato e quegli altri – inseriti nelle graduatorie provvisorie con punteggi minimi e quasi senza speranza alcuna – improvvisamente si sono ritrovati “beneficiati” da un meccanismo tanto perverso quanto incomprensibile.
Il tutto Grazie alla giravolta del Ministero che si era rimangiato il principio della “buona scuola” con riferimento alla chiusura delle graduatorie provvisorie.
Questione di minor conto rispetto a quanto sarebbe avvenuto dopo.
Ed invero, al fine di determinare il CRITERIO per creare le graduatorie da utilizzare per l’individuazione della destinazione del nuovo luogo di lavoro, una mente eccelsa ha ritenuto di forgiare il ben noto “algoritmo”, sulla cui storia e struttura è meglio stendere un velo pietoso.
Ciò che mi preme rilevare, però, è che l’algoritmo di riferimento prevedeva anche l’inserimento del punteggio maturato, da ciascun Docente, negli anni di pregresso insegnamento prestato presso Istituti e Scuola paritarie.
In un Paese civile, lapalissiana normalità.
In un Paese chiamato Italia, invece no, perché le sorprese erano dietro l’angolo.
Al momento, infatti, della valutazione delle proposte domande di mobilità (possibilità che viene offerta, ogni anno, agli Insegnanti nel tentativo di “avvicinarsi” a casa, giusto per cercare un ricongiungimento con i mariti, mogli, figli e genitori), il colpo di scena tutto italico!
Il punteggio maturato negli anni di pregresso insegnamento presso le scuole paritarie, non andava più bene!
Poteva (e può) essere indicato, a mero titolo di cronaca (nel ben noto allegato D) ma non concorre nella valutazione e nella quantificazione del punteggio da attribuire a ciascun Insegnante.
Ma come ?
Al momento della immissione in ruolo con la “buona scuola” me lo valuti positivamente e, anzi, in base ad esso determini pure la graduatoria in forza della quale scegli la destinazione e, adesso, quello stesso punteggio non viene più preso in considerazione ?
Farneticazione tutta italiana e – mi si consenta - palese abuso da parte di quello Stato che dovrebbe difendere i diritti dei propri cittadini e dei propri lavoratori.
Ovviamente è stato un proliferare di ricorsi, impugnazioni, opposizioni e cause civili varie.
Risultato: una miriade di provvedimenti cautelari e sentenze rese dai Giudici del Lavoro di tutta Italia.
E poiché il Diritto è la materia che, per eccellenza, si presta alle interpretazioni più disparate, ne è venuta fuori una giurisprudenza “a macchia di leopardo”, con pronunce contraddittorie anche all’interno di uno stesso Tribunale.
Morale della favola: il futuro di mia moglie e della mia famiglia dipende dalla “fortuna” di trovare un Magistrato illuminato e che abbia il coraggio di evidenziare questa discrasia interpretativa.
Nelle more, chi ha avuto questa “fortuna” si è giovato della pronuncia favorevole, facendosi riconoscere il punteggio maturato e così scalando le graduatorie; chi, invece, è incappato nelle convinzioni contrarie, ne paga il conto rischiando di perdere ben 13 anni (come nel mio caso) di pregresso insegnamento e relativo punteggio.
Orbene, poiché la stragrande maggioranza delle sentenze che hanno, correttamente, riconosciuto il diritto al punteggio maturato nelle paritarie (ribadisco, punteggio già riconosciuto dal Miur al momento dell’applicazione della “buona scuola”) è divenuta definitiva, ci si trova di fronte ad una plateale sperequazione valutativa se non vera e propria violazione dei più basilari principi costituzionali.
E tale convinzione è stata fatta propria, pure, dal T.A.R. LAZIO - Sezione Terza bis il quale, con Sentenza n. 1268/2018 (n.6769/2018 R.G.), ha ACCOLTO il ricorso di quei ricorrenti riconoscendo il loro legittimo diritto a veder riconosciuto il punteggio maturato negli anni di insegnamento presso le Scuole paritarie anche ai fini della mobilità.
È chiaro, a questo punto, che si impone un intervento del Legislatore.
Il Governo ed il Ministero dell’Istruzione, in tutte le loro articolazioni e competenze burocratiche, sono chiamati a prendere atto di questa incredibile quanto plateale disparità di trattamento che coinvolge il comparto degli Insegnanti sulla questione relativa alla valutazione del punteggio maturato nel periodo d’insegnamento presso le Scuole paritarie.
La definitività di centinaia di pronunce dei Tribunali del Lavoro e di quelli Amministrativi impone un intervento normativo chiaro e chiarificatore della questione al fine di ristabilire quei principi di uguaglianza ed imparzialità, palesemente violati in questi anni.
Faccio appello ai tanti Amici, anche fra i miei contatti, affinché si facciano portatori di questa istanza presso i loro referenti politici regionali e nazionali perché si dia un segno, tangibile, di civiltà giuridica e di legalità.
La Politica ha il dovere di prendere atto di un vulnus clamoroso che sta producendo effetti deleteri su un intero comparto della Scuola e sulla vita di interi nuclei familiari.
Non si chiedono miracoli.
Soltanto Rispetto delle Regole.

Commenti

La denatalità svuota le scuole. Anziché chiedere più qualità per gli studenti ci si preoccupa per le assunzioni. Nel frattempo si aumentano i pensionati a carico di giovani in diminuzione. Passi per la propaganda, ma questa è dissociazione mentale.