Che cosa attendersi dal nuovo vescovo Giuseppe Marciante

Ritratto di Angelo Sciortino

15 Aprile 2018, 08:35 - Angelo Sciortino   [suoi interventi e commenti]

Versione stampabileInvia per email

 

Il nuovo Vescovo Giuseppe Marciante ha mostrato fin dal suo arrivo la sua volontà di proteggere i più deboli. Lo ha dimostrato non soltanto con le sue parole, ma con la scelta delle sue prime visite a Gibilmanna e all'ospedale Giglio. Prima, cioè, di presentarsi ai cittadini e di ricevere in piazza Garibaldi il saluto delle Autorità, ha dedicato la sua attenzione proprio a chi soffre. E chi soffre più di un malato ricoverato in ospedale?!

A me agnostico non rimangono che parole di stima per quest'uomo che nella sua carriera ha lasciato non poche tracce della sua sensibilità ed esempi di quella fede, che ci farebbe essere uomini migliori, se praticata come Egli ci ha dimostrato che debba essere praticata.

È per questa stima che mi permetto di ricordargli i tanti esempi della storia di questa Diocesi, perché sappia che Cefalù non è quella che i suoi amministratori vorrebbero far credere che sia per colpa della sua storia religiosa. Certo, la chiesa qualche colpa l'ha avuta, ma mai questa colpa fu maggiore di quelle delle più recenti Amministrazioni e della presente in particolare, che per bocca del suo capo gli ha rivolto il saluto di benvenuto e che con la presenza di alcuni suoi componenti gli ha fatto da scorta nel suo ingresso a Cefalù.

Ma vediamo una sintetica storia della Chiesa a Cefalù e delle iniziative in favore dei più deboli.

All'inizio del XIII secolo nacque la prima opera caritativa della diocesi: un ospizio per i poveri. Nel 1546 fu aperta una casa di cura per gli infermi, gestita dalla confraternita della Santissima Annunziata. Nel 1588 il vescovo Francesco Gonzaga istituì il seminario diocesiano. Nel 1635 sorse un'altra opera caritativa: un orfanotrofio per ragazze povere; nel 1648 fu istituito il monte di pietà, i cui ricavi erano usati per finanziare l'infermeria. Nel XVII secolo i vescovi cominciarono a occuparsi della gestione del Monte dei prestiti, intitolato alle Anime sante del Purgatorio, ma più noto come Monte Costa. Nel periodo risorgimentale le Autorità laiche tentarono di estromettere i vescovi dalla nomina degli amministratori del Monte e soltanto nel 1905 ebbero riconosciuto questo loro diritto.

Verso la fine del secolo, durante l'episcopato di Gioacchino Castelli, i vescovi furono allontanati dalla gestione dell'ospedale, da allora riservata all'autorità civile e all'arciconfraternita dell'Annunziata.

Nella seconda metà del XIX secolo la diocesi costituiva un'unica parrocchia e il vescovo era l'unico parroco. La diocesi riuscì a salvarsi dall'incameramento dei beni della mensa vescovile previsto dalla legge n° 3838 del 1867, dimostrando che il vescovo era appunto l'unico parroco della diocesi e che i beni erano quindi annessi alla cura d'anime.

Sul finire dell'Ottocento, dopo l'Enciclica Rerum Novarum del 1891, nacquero le prime società operaie cattoliche, ma i vescovi della diocesi in quegli anni le ostacolarono per il timore del nascente socialismo. Rimasero soltanto le opere caritative tradizionali.

Occorre sottolineare, infine, che il vescovo Catarinicchia creò nel 1987 l'Istituto superiore di scienze religiose, intitolato a monsignor Mariano Campo. Una iniziativa culturale simile a quella voluta dal vescovo Francesco Gonzaga.

Ecco, questi gli esempi che dovrebbero essere ricordati dal vescovo Giuseppe Marciante, dal quale i fedeli si attendono un'aria più limpida di quella che in questi ultimi anni ne ha oscurato le menti e ne ha rattristato i cuori.

Commenti

Ad onta delle colpe sommessamente ricordate e pudicamente non elencate, la Chiesa cefaludese può annoverare pagine gloriose destinate a non essere relegate nelle pagine dei libri che nessuno mai leggerà, cioè all'oblio. Ogni epoca storica può conoscere una rinnovata vitalità grazie all'impegno di uomini (e donne) di spessore, in altri tempi può essere la mediocrità a farla da padrone ed allora "si oscurano le menti e si rattristano i cuori", tuttavia la speranza di una rinnovata primavera i cristiani la portano sempre nel cuore, ne rinnovano l'urgenza e la necessità sempre con la preghiera ed il loro impegno pratico. Ci sono anche istituzioni che, dopo decenni di prolungata mediocrità si sono estinte del tutto, anche nel ricordo, ma questo non può avvenire per la Chiesa perché, almeno nella mia ottica, essa non è mia proprietà e neanche del vescovo di turno, bensì solo di Cristo.Poi è la storia ad incaricarsi di giudicare i fatti avvenuti, e quando i fatti sono vicini a noi, formarsi un giudizio scevro da formule preconcette è quasi impossibile, o almeno non prudente.

Modelli di vita sacerdotale santa, istituzioni culturali e caritative ...Giusto per rimanere ai tempi più recenti, io per esempio sono molto legato alla figura di Mons. Sgalambro, Vescovo al quale devo gli studi teologici nell'istituto richiamato in precedenza, pastore sempre pronto ad ascoltare e confortare, in una eventuale causa di beatificazione io di certo non mi asterrei dal narrare i miei incontri con lui, li ricordo tutti in ogni minuto dettaglio, parola per parola. Così come ricordo gli incontri più recenti con Mons. Manzella, pastore esperto non meno importante per la mia vita cristiana.

Parlando poi di vita culturale in ambito ecclesiale, la storia della Diocesi di Cefalù è anche la storia del suo Seminario Vescovile nell'ultimo secolo, di eminenti personalità come Mariano Campo, Mariano Caldarella ed il nunzio apostolico Giuseppe Misuraca, e non vado oltre perché dovrei dilungarmi anche su altri presbiteri come Damiano Barcellona, Ortolano...oggi non più con noi, ma impossibili da dimenticare per spessore culturale ed una apertura intellettuale che li ha resi conosciuti ben oltre gli angusti ambiti isolani. Cefalù è stata nel passato, ed in alcuni casi è ancora,  sede di importanti ordini religiosi: i diversi rami dell'Ordine francescano, ed alzi la mano chi non apprezza l'operato a tutt'oggi dei Padri Cappuccini tra Gibilmanna e Cefalù città; i Giuseppini del Murialdo che frequento nel quotidiano, ancora presenti malgrado le avverse vicende che conosciamo; i frati predicatori (domenicani) con la loro scuola teologica e due cefaludesi che, preso l'abito dell'ordine, eccelsero per qualità poetiche come Fra Matteo D'Anna (vissuto nel 1600) e Fra Giovanni Battista dei Franchi e Spinola (anch'esso del 1600), allontanati da Cefalù dopo le leggi eversive come del resto avvenne per altri ordini.

Parlando di ordini religiosi dovrei parlare anche di quelli femminili, molti di essi in ambito diocesano hanno chiuso i conventi per mancanza di vocazioni o per la necessità di "razionalizzare le risorse". Sono vicende dolorose, nelle Madonie ci sono state comunità cittadine che ne hanno fatto una ragione, però ribadisco, e concludo, che il futuro della Chiesa cefaludese è, per chi crede, nelle mani di Dio e, a seguire, del suo Vescovo e di tutto il popolo dei battezzati nelle sue diverse articolazioni. Mons Manzella in tutti questi anni ha sempre affermato perentoriamente: "Un vescovo da solo non può fare nulla, gli serve aiuto dallo Spirito e dal popolo". Ieri Mons. Marciante ci ha detto che sogna una chiesa sinodale, e questa è la strada tracciata per l'immediato futuro. L'entusiamo, il trasporto della folla, la partecipazione entusiasta vorrei vederla anche fra 10 anni, vivamo in un tempo dove in tutti gli ambiti si preferisce vivere la passeggera emozione e non l'assunzione di responsabilità.

Non ho risposte, se non queste due riflessioni di Gandhi:

1) “L’uomo si distrugge con la politica senza princìpi, col piacere senza la coscienza, con la ricchezza senza lavoro, con la conoscenza senza carattere, con gli affari senza morale, con la scienza senza umanità, con la fede senza sacrifici.”

2) “Tutti hanno fede in Dio sebbene nessuno lo conosca. Perché chiunque ha fede in se stesso e questo, moltiplicato all’ennesimo grado è Dio. La somma totale di tutto questo è Dio. Noi possiamo non essere Dio, ma siamo di Dio, anche solo come una piccola goccia d’acqua è dell’oceano.”